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Il commissario europeo ha messo sotto inchiesta le cinque principali case discografiche. Il sospetto è
che abbiamo posto in essere un maxi-cartello per tenere elevati i prezzi dei cd in Europa.
BRUXELLES - L'immagine è quasi surreale, ma potrebbe diventare una realtà: migliaia di ragazzi che
si inchinano (metaforicamente) davanti a Mario
Monti, ringraziandolo. E magari, appendendo il suo ritratto al muro, come fosse un santino.
Tutto questo per quale ragione? Semplicemente, perchè Monti ha esaudito, almeno in parte, il sogno di moltissimi
adolescenti. Ha messo sott'accusa le maggiori case discografiche in Europa, puntando il dito sui prezzi troppo
elevati dei compact disk.
Un' accusa, assolutamente condivisibile, visto che i cd costano all'incirca 35/45.000 lire.
Così, al grido di "liberalizzazziamo i compact " (neanche fossero droghe), i giovani aspettano
gli avvenimenti futuri: e cioè se a Monti riuscirà il miracolo: far abbassare i prezzi di un cd.
Per avere l'onore di ascoltare Madonna, Britney Spears o Eminem , scucendo le più modiche 25.000 lire.
Ed ecco la cronaca degli avvenimenti: Mario Monti, responsabile della concorrenza Ue , sospettando un maxi-cartello,
ha aperto un'inchiesta su come le cinque maggiori case discografiche mondiali fissano i prezzi della musica su
cd.
Nel mirino sono i cinque 'big" planetari del disco, oligopolisti anche in Europa: Bertelsmann, Emi, Sony,
TimeWarner e Universal. Scopo dell'indagine preliminare " è quello di accertare - ha precisato la portavoce
di Monti - se queste case discografiche ''stiano provando a tener alti i prezzi in Europa'' esercitando pressioni
sui rivenditori.
Si sospetta, come ha suggerito venerdì 26 l'Organizzazione dei consumatori europei Beuc, che le case discografiche
usino il loro potere sul mercato per impedire ai rivenditori di vendere i cd a prezzi inferiori a quelli consigliati.
Oltre che ai cinque gruppi, Monti ha inviato lettere con richieste di informazioni anche a cinque rivenditori online
e a 13 "tradizionali".
Per ora i servizi di Monti dichiarano di non avere ''alcuna prova'' che esista un cartello dei cd e di dover ancora
valutare l'opportunità di aprire di un vero caso attraverso una ''comunicazione di addebiti''.
Se fosse provata la malafede delle cinque case discografiche, scatterebbero nei loro contronti multe miliardarie
pari al 10 per cento del loro giro di affari, una misura che Monti non ha mai applicato ad un singolo gruppo ma
che resta nel suo arsenale. Il rischio comunque non è immediato: sebbene sia possibile un'archiviazione
in poche settimane, l'inchiesta formale potrebbe durare a lungo, anche uno o due anni.
Monti, attraverso la portavoce Amelia Torres, ha rivelato che l'inchiesta è stata aperta dalla Commissione
Ue ''di propria iniziativa'', ossia senza accogliere alcun ricorso di qualche concorrente o consumatore deluso.
Spunto fondamentale è stata l'indagine analoga chiusa l'anno scorso dalla Federal Trade Commission statunitense
contro gli stessi gruppi, accusati di essersi accordati per tenere alti i prezzi dei cd, causando ai consumatori
un danno stimato in 480 milioni di dollari in tre anni. La questione, ha aggiunto la portavoce, è stata
sollevata anche in Italia.
Uno studio condotto nel novembre scorso dell'Associazione dei consumatori britannici aveva scoperto che in
media l'album di Britney Spears 'Oops, I did it again' costa in Europa circa 4.500 lire più che negli
Usa.
(26 GENNAIO 2001, ORE:18,30)