MILANO - Brutte nuove per i giganti del disco. La Commissione europea
ha infatti avviato un'Indagine per appurare la possibile esistenza dì
un cartello nel settore dei cd musicali. Al centro dell' indagine, ovviamente,
le cinque sorelle del grande business: la Emi, la Bmg di Bertelsmann, Warner
Music, Sony e Universal. «La Commissione europea - ha dichiarato
la portavoce, Amelia Torres - sta indagando sui contratti fra le maggiori
case díscografiche mondiali e venditori, per vedere se le case discografiche
stiano attuando le stesse o simili pratiche per i prezzi al dettaglio in
Europa». Queste politiche, ha detto ancora, «puntano a tenere
i prezzi alti».L'inchiesta, ha precisato la portavoce di Mario Monti,
è stata «innescata da una simile indagine condotta negli Usa,
l'anno scorso, dalla Federal trade commission sulle stesse società».
Un avvertimento, quindi, non ancora una condanna. Ma i prezzi-fotocopia
dei compact disc, soprattutto le novità, e il fatto che un prodotto
fonografico finito costi alle case produttrici circa 4mila lire (e
finisca nei negozi a 40mila e passa) sono dati che fanno pensare.
Il precedente americano....
Quattro anni fia le ditte italiane pagarono penali per 7,5 miliardi
Il precedente cui fa riferimento il conimíssarío Monti
' risale all'8 agosto del 2000, data in cui ventotto Stati americani dichiararono
guerra alle grandi case discografiche, accusate di essere responsabili
del caro prezzi ,dei compact disc.
Le procure dei vari Stati presentarono il ricorso che diede il
via alla
causa alla corte distrettuale di Manhattan: il testo consegnato al
giudice prendeva di mira la politica detta Map, Minimum adverised pricing
- che la Warner Bros, la Sony Music Entertainnient, l'Universal,
Music (Seagram), la Bmg e l'Emi mettevano in atto nei confronti dei commerciantì
per costringerli a vendere i compact disc a un prezzo artificialmente alto.
Le multinazionali, secondo i 28 Stati, garantivano ai negozi sussidi per
la pubblicìtà solo in cambio di un impegno a non vendere
i dischi a un prezzo al di sotto di quello minimo stabilito dall'industria.
La Map, denuncìavano gli avvocati degli Stati, contribuisce a tenere
alti i prezzi dei cd e penalizza i negozianti che non vogliono aderire.
Sotto accusa anche tre catene di negozi, la MusicLand, la Tower Records
e la Transworld Entertainment. Le multinazionali non avevano mai negato
questo tipo di pressioni sui rivenditori, ma sostenevano che questo tipo
di politica avesse come obiettivo quello di permettere ai piccoli commercianti
di competere con i giganti del settore.