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Pubblicato in " Libero " del 27 Gennaio 2001

Di  Mauro Bottarelli

MILANO - Brutte nuove per i giganti del disco. La Commissione europea ha infatti avviato un'Indagine per appurare la possibile esistenza dì un cartello nel settore dei cd musicali. Al centro dell' indagine, ovviamente, le cinque sorelle del grande business: la Emi, la Bmg di Bertelsmann, Warner Music, Sony e Universal. «La Commissione europea - ha dichiarato la portavoce, Amelia Torres - sta indagando sui contratti fra le maggiori case díscografiche mondiali e venditori, per vedere se le case discografiche stiano attuando le stesse o simili pratiche per i prezzi al dettaglio in Europa». Queste politiche, ha detto ancora, «puntano a tenere i prezzi alti».L'inchiesta, ha precisato la portavoce di Mario Monti, è stata «innescata da una simile indagine condotta negli Usa, l'anno scorso, dalla Federal trade commission sulle stesse società». Un avvertimento, quindi, non ancora una condanna. Ma i prezzi-fotocopia dei compact disc, soprattutto le novità, e il fatto che un prodotto fonografico finito costi alle case produttrici circa  4mila lire (e finisca nei negozi a 40mila e passa) sono dati che fanno pensare.
 
Il precedente americano....

Quattro anni fia le ditte italiane pagarono penali per 7,5 miliardi

Il precedente cui fa riferimento il conimíssarío Monti ' risale all'8 agosto del 2000, data in cui ventotto Stati americani dichiararono guerra alle grandi case discografiche, accusate di essere responsabili del caro prezzi ,dei compact disc.
Le procure dei vari Stati presentarono il  ricorso che diede il via alla
causa alla corte distrettuale di Manhattan: il testo consegnato al giudice prendeva di mira la politica detta Map, Minimum adverised pricing -  che la Warner Bros, la Sony Music Entertainnient, l'Universal, Music (Seagram), la Bmg e l'Emi mettevano in atto nei confronti dei commerciantì per costringerli a vendere i compact disc a un prezzo artificialmente alto. Le multinazionali, secondo i 28 Stati, garantivano ai negozi sussidi per la pubblicìtà solo in cambio di un impegno a non vendere i dischi a un prezzo al di sotto di quello minimo stabilito dall'industria. La Map, denuncìavano gli avvocati degli Stati, contribuisce a tenere alti i prezzi dei cd e penalizza i negozianti che non vogliono aderire. Sotto accusa anche tre catene di negozi, la MusicLand, la Tower Records e la Transworld Entertainment. Le multinazionali non avevano mai negato questo tipo di pressioni sui rivenditori, ma sostenevano che questo tipo di politica avesse come obiettivo quello di permettere ai piccoli commercianti di competere con i giganti del settore.

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