Procedimento disciplinare
In generale
massime
003/92.1-Indagini
preliminari - Procedimento disciplinare
117/91.1-Istituto
della continuazione del processo penale
083/90-Consiglio
ordine - organo amministrativo - partecipazione del P.M.
021/93-Rapporti
con i magistrati
096/90.1-Procedimento
disciplinare - Natura amministrativa
082/96.1-Procedimento
davanti al C.d.O., Apertura d'ufficio
sentenze penali-procedimento penale
- azione civile
massime
063/90-Azione
penale - Azione civile
015/96-Giudizio
penale- Patteggiamento
036/90-Procedimento
penale - Autonomia
007/90-Penale -
Assoluzione per insufficienza di prove
006/90-Iscrizione
albo - Provvedimento del Consiglio - contestazione dei fatti
117/95-Rapporti
con il giudicato penale
049/91-Fatti a
rilevanza penale e disciplinare - Autonomia dei giudizi
015/91.1-Pendenza
di procedimento penale - Sospensione - Potere discrezionale
099/95.1-Giudizio
penale- Autonomia - Valutazione dei fatti
103/95.1-Rapporti
con il procedimento penale
giudizio
primo grado davanti coa
massime
033/92-Contestazione
addebito - Violazione effettivamente accertata - Non corrispondenza -
Violazione diritto
difesa
102/91-Incolpato -
Dibattimento - Termine a comparire - Sospensione feriale
022/92.1-Applicabilità
norme al processo civile - Notifica ricorso
079/90-Contestazione
differente dal fatto
006/91-Omessa
regolare convocazione - Delibera assunta in presenza di un numero
legale di consiglieri .
007/91-Istruzione
probatoria - Difetto di prova certa - Assoluzione.
013/91-Comunicazione
di apertura del procedimento - Omessa sottoscrizione
030/90-Dibattimento
- Impedimento a comparire -
144/89-1notifica
atto di citazione. riformulazione addebiti
095/89.1-diritto
di difesa - deposito memorie - rinvio alle norme del c.p.c.
066/89.Decisione -
Contenuto - Sottoscrizione - Norme applicabili
158/89.1-Giudizio
di primo grado avanti il Consiglio dell'Ordine
171/89.1-Giudizio
di primo grado avanti il Consiglio dell'Ordine
019/95 Prova -
mancanza di prova su di un determinato comportamento
020/96-Contestazione
non precisa - Nullità - Prova
100/95.1-Prova
sussistenza dei fatti - Amnistia
120/95 prova
-mancanza di elementi probatori
112/95.1-Impedimento
a comparire del difensore
128/95.1-Impedimento
a comparire del difensore
102/95.1-Comparizione
incolpato - Impedimento giustificato
112/92-
convocazione interessato- tentativo di conciliazione
97/96.1-Comparizione
incolpato-domanda di rinvio-certificato medico
074/92.Proscioglimento
addebito - Prova testimoniale incerta e imprecisa
085/92.1-Deposito
della sentenza - Collegio giudicante
035/95.1-Mancata
audizione dei testi ammessi
080/90-Convocazione
incolpato - Termine
Cass. Sent. civ.
12391/92
043/92-Notificazione
decisione - Impugnazione - Difesa professionista
088/95.1-Decisioni
Consiglio - notifica
099/89.1-Decisioni
Consiglio - Notifica
043/92-Decisioni
Consiglio -Notifica- Impugnazione - Difesa professionista
022/92.1-Procedimento
disciplinare-Applicabilità norme al processo civile
123/89.1-Decisioni
Consiglio - Notifica
079/91.1-Procedimento
disciplinare - Consiglio competente
098/90-Notifica
atto citazione giudizio disciplinare - Modalità
075/95-Annullabilità
- Erroneo apprezzamento dei fatti - Carenza di prove
081/95.1-incolpato
- comparizione - audizione-Mancata audizione dell'incolpato
121/95.1-avviso
udienza - Notifica al portiere
Cass. Sent. civ.
3882/93 -Competenza-Fatto addebitato e albo iscrizione - Prevenzione
giudizio di impugnazione decisioni
davanti al C.n.f.
a-sottoscrizione
ricorso
101/91-Ricorso -
Sottoscrizione
104/91-Ricorso -
Sottoscrizione
045/92-Ricorso -
Sottoscrizione - Mancata
024/93-Ricorso -
Sottoscrizione - Nullità
101/95-Ricorso -
Sottoscrizione
067/91-Ricorso -
Sottoscrizione - Patrocinio
071/90-Procedimento
davanti al C.n.f. - Patrocinio - Mandato speciale
b-modalità
019/92-Inammissibilità
ricorso al C.n.f. - Modalità
099/90-Impugnativa
al C.n.f. - Ricorso - Modalità deposito
086/89-ricorso al
C.n.f. - presentazione - modalità
082/90-Impugnativa
al C.n.f. - Ricorso - Modalità presentazione
092/89-impugnativa
provvedimento Consiglio ordine - modalità
019/92-Inammissibilità
ricorso al C.n.f. - Modalità
081/89-impugnativa
al C.n.f. - modalità
050/90-Impugnativa
al C.n.f. - Modalità
044/90-Impugnativa
al C.n.f. - modalità
060/90-Impugnazione
al C.n.f. - Modalità
036/96
Impugnazione - Modalità
024/90-Impugnativa
al C.n.f. - modalità - tenuta albi
061/91-Impugnazione
- Ricorso - Modalità deposito
171/94-Impugnazione
-Deposito ricorso al Consiglio nazionale forense
083/94-Impugnazione
davanti al C.n.f.
056/93.1-Impugnazione
al C.n.f.
125/96.Ricorso
avverso decisione del C.d.O., Deposito direttamente al C.n.f
c-termine
059/91-Impugnazione
avanti il Cnf - Termine - Decorrenza
144/90-Ricorso -
termine impugnativa
025/90-Impugnativa
al C.n.f. - termine
021/92-Inammissibilità
ricorso - Termine
085/90-Impugnazione
al C.n.f. - Termine
135/90-Impugnazione
al C.n.f. - Termine
140/90-Impugnazione
al C.n.f. - termine
075/89-termine
impugnazione
131/90-Impugnazione
al C.n.f. - Termine
136/90-Impugnazione
al C.n.f. - Termine
134/94-Ricorso al
C.n.f. - Decorso termine - Inammissibile
178/94-Ricorso al
C.n.f. - Termine presentazione
178/94-Ricorso al
C.n.f. - Termine presentazione
134/94-Ricorso al
C.n.f.-Decorso termine- Inammissibile
081/94-Tardiva
presentazione ricorso C.n.f.
110/91-Inammissibilità
ricorso - Scadenza del termine
102/89-Ricorso
contro decisioni C.d.O. - Termine - Fonogramma
109/89-Ricorso
contro decisioni C.d.O. - Termini perentori
106/91-Inammissibilità
ricorso per mancato rispetto del termine
016/93-Ricorso
presentato dopo il decorso del termine previsto per l'impugnazione
076/95-Impugnazione
- termine
d-procedimento
027/95-Procedimento
- Decesso professionista
080/95-Procedimento
- Istanza di rinvio
039/95-Procedimento
- Cessata materia del contendere
008/95-Procedimento
.- Decesso professionista
008/93-Specificità
dei motivi del ricorso
073/91-C.n.f. -
Potere giurisdizionale - Reformatio in pejus
138/89.1-Giudizio
di impugnazione avanti il C.n.f.
142/89-Giudizio di
impugnazione avanti il C.n.f.
151/94-Impugnazione
- Ricorso depositato al C.n.f.
010/95-Ricorso
depositato al C.n.f.- Inammissibilità
083/95-Ricorso
depositato al C.n.f.- Inammissibilità
004/89-procedimento
davanti al C.n.f. - carenza di interesse
061/89-Impugnativa
- Carenza di interesse
070/92-Funzione
giurisdizionale del C.n.f. - Ipotesi previste dalla legge
069/95-Atti
impugnabili
094/96.1-Sanzione
irrogata dal C.d.O. su distinti addebiti - obbligo del C.N.F.
099/92-Giudizio di
impugnazione avanti il Cnf - Deposito di copia della decisione
e-legittimazione
impugnazione decisioni
037/90-Impugnativa
provvedimenti al C.n.f. - legittimazione
130/90-Impugnazione
davanti al C.n.f. - legittimazione
094/95-legittimazione
impugnativa
075/90.1-legittimazione
impugnativa - Denunziante esponente
023/90.1-Impugnazione
al C.n.f. - legittimazione
067/90-Impugnazione
davanti al C.n.f. - Legittimazione
135/94-Impugnazione
al C.n.f. - Legittimazione - Delibera di archiviazione
076/94-Legittimazione
impugnazione decisioni Ordini forensi
077/94-Legittimazone
attiva all'impugnazione
062/94.1-Legittimazione
attiva all'impugnazione
013/95-legittimazione
a proporre ricorso al C.N.F.
084/95-legittimazione
attiva ricorso
014/93-Legittimazione
attiva al ricorso innanzi al C.N.F.
097/91.1-Legittimazione
partecipazione giudizio dinanzi al CNF
Cass. S.U. Sent.
12865 legittimazione impugnazione
120/92-Impugnazione
avanti la Corte di Cassazione - Sottoscrizione del ricorso
091/92-Impugnazione
- Ricorso al Consiglio nazionale forense - Legittimazione.
111/96-Impugnazione
- Ricorso al C.N.F., termine deposito
052/91-Delibera -
impugnazione al Consiglio nazionale forense - Legittimazione
166/94-legittimazione
impugnazione - terzi
107/96.1-Ricorso
avverso decisioni C.d.O. - Legittimazione attiva del terzo
040/95-Procedimento
dinanzi al C.N.F. legittimazione
040/93-legittimazione
- Ricorso al Consiglio nazionale forense
073/93-legittimazione
Ricorso al Consiglio nazionale forense
003/96-ricorso al
C.n.f. - legittimazione attiva
f-rinuncia
all'impugnazione
024/89-Impugnazione
- Rinuncia
096/89-impugnativa
- procuratore generale della corte di appello - rinuncia
080/89-impugnativa
delibera - rinuncia
104/89- rinuncia
al ricorso
082/89-impugnativa
delibera - rinuncia al ricorso
105/89-Impugnazioni
al C.n.f. - Rinuncia al ricorso
106/89-Impugnazioni
al C.n.f. - Rinuncia al ricorso
137/89-Impugnazione
al C.n.f.- Procuratore generale - Rinuncia
108/89-Impugnazione
al C.n.f. - Rinuncia al ricorso
110/89-Impugnazioni
al C.n.f. - Rinuncia al ricorso
110/89-Impugnazioni
al C.n.f. - Rinuncia al ricorso
128/94-Reclamo al
C.n.f. contro i risultati elettorali
098/95-Ricorso al
C.n.f.- Rinuncia
089/90-Impugnativa
del procuratore generale corte d'appello-rinuncia
037/96 Rinuncia
ricorso C.n.f. - Comunicazione
018/90-Procedimento
davanti al C.n.f. rinuncia al ricorso
085/95-Ricorso
condizionato - Abbandono - Rinuncia
165/94-Rinuncia al
ricorso da parte del ricorrente
088/91-Rinuncia
ricorso - Cessazione materia del contendere
122/95-rinuncia
all'impugnazione
1-Le indagini
preliminari compiute prima dell'apertura del procedimento disciplinare
non ledono il
diritto di difesa dell'incolpato e non determinano la nullità del
procedimento medesimo
per violazione dell'art. 38
R.D. 27 novembre 1933, n. 1578.
2-Nel caso in cui
non venga raggiunta la prova certa della colpevolezza dell'incolpato lo
stesso deve essere
prosciolto dall'addebito contestato. Nella fattispecie il
professionista è stato
prosciolto dagli addebiti (avere indotto un soggetto alla
sottoscrizione tardiva di un
preliminare di compravendita e avere sollecitato un teste a rendere al
COnsiglio
dell'Ordine una versione dei fatti di comodo, diversa da quella reale)
perchè non è
stata raggiunta la prova della colpevolezza dello stesso.
(C.N.F.
20 Gennaio 1992, n. 3 - Pres. f.f. LANDRISCINA - Rel. CASALINUOVO -
P.M. DELLA ROCCA
(concl. diff.) - Accoglie ricorso contro decisione Consiglio Ordine
Udine, 29 maggio
1990).
1.Nel
procedimento disciplinare non può trovare applicazione l'istituto della
continuazione,
propria del procedimento penale.
2.Il
professionista che omette di eseguire incarichi ricevuti dal cliente
(pagamento di
cambiali e attività di recupero crediti) viene meno agli obblighi di
correttezza,
diligenza, prestigio e decoro (nella fattispecie, data la molestia
degli addebiti, la
sanzione della sospensione è stata ridotta da mesi quattro a mesi due).
(C.N.F. 2
Dicembre
1991, n. 117 - Pres. GRANDE STEVENS - Rel. CAGNANI - P.M. IANNELLI
(concl. conf.)
(Accoglie parzialmente ricorso contro decisione Consiglio Ordine Roma,
6 luglio 1989).
Nella
procedura avanti il Consiglio dell'ordine non
può essere prospettata questione di incostituzionalità in quanto tale
Consiglio è un
organo amministrativo e non giurisdizionale. Il Consiglio dell'ordine
nella sua attività
disciplinare svolge il relativo compito all'interno dell'Ordine forense
per la tutela di
interessi che sono essenzialmente della classe forense e nei
procedimenti disciplinari
contro avvocati e procuratori deve seguire, quanto alla procedura, le
norme particolari
che sono dettate dalla legge professionale. Di conseguenza non può
affermarsi che la
presenza del P.M. nel procedimento disciplinare di primo grado avanti
il Consiglio
dell'ordine condizioni l'operato del Consiglio stesso, né che
pregiudichi il diritto di
difesa dell'incolpato. (Per tali motivi è stata respinta la questione
di legittimità
costituzionale delle norme del R.D. 22 gennaio 1934, n. 37 in relazione
all'art. 3 della
Costituzione laddove prevedono l'intervento del P.M. nel procedimento
disciplinare di
primo grado).
(C.N.F. 12
Ottobre
1990, n. 83 - Pres. GRANDE STEVENS - Rel. SICILIANI - P. JANNELLI
(concl. conf.) -
Rigetta ricorso contro decisione Consiglio Ordine Grosseto, 22 marzo
1989).
Viola il disposto
di cui all'art. 38 R.D.L. n. 1578/1933 il professionista che induce il
giudice in errore
mediante la presentazione di documenti formati irritualmente (nella
specie l'avvocato in
un procedimento ex art. 700 c.p.c. aveva indotto in errore il pretore
sulla ritualità
della notificazione del ricorso introduttivo, che aveva fatto eseguire
a mani di persona
non legittimata a riceverlo, espressamente indicando il proprio studio
come luogo ove
effettuarla, in evidente contrasto con la assunta rappresentanza dei
ricorrenti. La
sanzione inflitta è stata la sospensione dall'esercizio per mesi sei).
(C.N.F. 18 Marzo 1993,
n. 21 - Pres. f.f. e Rel. CAGNANI - P.M. IANNELLI (concl. parz. conf.)
- Respinge ricorso
contro decisione Consiglio Ordine Venezia, 15 luglio 1991).
1-Il procedimento
disciplinare dinnanzi al Consiglio dell'Ordine ha natura amministrativa
e non
giurisdizionale, come tale non può essere equiparato a quello penale.
Di conseguenza va
dichiarata non proponibile, e comunque manifestamente infondata, la
questione di
legittimità costituzionale, per presunta violazione del diritto di
difesa, dell'intera
disciplina procedurale in quanto in essa i diritti dell'incolpato sono
sufficientemente
tutelati dalle norme che prevedono la contestazione specifica degli
addebiti, la
formalità della citazione, i termini di comparizione, la facoltà di
farsi assistere da
un difensore e la possibilità del ricorso al Consiglio nazionale
forense.
2-Il
professionista che alteri una fotografia della cliente e la produca in
giudizio senza
dichiarare che si tratta di un'immagine manipolata, né che la
produzione aveva il solo
fine di rappresentare la situazione precedente alla sistemazione di una
ipotesi, viola il
dovere di lealtà che deve improntare la condotta dell'avvocato ed
esorbita dai pur ampi
margini concessi al difensore per la tutela dei diritti della parte
patrocinata. (Nella
fattispecie al responsabile è stata ridotta la sanzione inflitta alla
sola censura, in
considerazione dell'assenza di precedenti disciplinari a suo carico).
(C.N.F.
5 Novembre 1990, n. 96 - Pres. LANDRISCINA - Rel. PASSINO - P.M.
JANNELLI (concl. conf.) -
Accoglie parzialmente ricorso contro decisione Consiglio Ordine Trani,
10 giugno 1989).
1- L'art. 38, 3
comma della legge professionale forense dispone che il procedimento è
iniziato d'ufficio
o su richiesta del P.M. ovvero su ricorso dell'interessato. Ben può
dunque il C.d.O.
deliberare l'apertura del procedimento disciplinare anche sul
presupposto della sola
conoscenza dei fatti di pubblica notorietà o di semplici informazioni.
2- Pone in essere
un comportamento gravemente lesivo della dignità e decoro dell'intera
classe forense
l'avvocato che, percepite somme di denaro dal cliente per
l'espletamento del mandato, non
svolga l'attività professionale richiesta e trattenga per sè le somme
stesse. (Nella
fattispecie è stata confermata la sanzione della sospensione per tre
mesi).
(C.N.F.
- 24 MAGGIO 1996, N. 82 - Pres. f.f. Panuccio - Rel. D'Arle - P.M.
Iannelli (conf.) -
Rigetta ricorso avverso decisione C.d.O. di Foggia, 13 giugno 1994).
Il procedimento
disciplinare è del tutto autonomo rispetto alle azioni civili e penali
che possono avere
rilevanza a diversi fini. Gli organi giudicanti a livello professionale
possono infatti
liberamente procedere all'accertamento dei fatti e delle responsabilità
attinenti agli
addebiti mossi agli incolpati, senza preclusioni di sorta.
(C.N.F.
23 LUGLIO 1990, n. 63 - Pres. CAGNANI - Rel. CAGNANI - P.M. LEO (concl.
conf.) - Rigetta
ricorso contro decisione Consiglio Mantova, 4 aprile/3 maggio 1989).
La
sentenza di
patteggiamento non costituisce di per sè un'affermazione di
colpevolezza, né tanto meno
una confessione, ma è una pronuncia giurisdizionale che pur non avendo
efficacia, ex art.
443 c.p.p., nei giudizi civili o amministrativi, certamente consente
all'organo
giudicante, di valutare gli elementi raccolti nel procedimento, al fine
di porli a base
del giudizio da compiersi nel procedimento disciplinare.
(C.N.F.
n. 15 del 21-2-1996 )
Il procedimento
disciplinare è autonomo rispetto a quello penale (avendo natura diversa
sia per i
presupposti che per le finalità) a tale autonomia trova espressione
nella possibile
diversa valutazione discrezionale dei fatti al fine di accertare se
essi configurino o
meno anche infrazioni di principi deontologici.
(C.N.F.
2 MAGGIO 1990, n. 36 - Pres. CAGNANI - Rel. SCASSELLATI SFORZOLINI -
P.M. LEO (concl.
parz. diff.) - Accoglie ricorso contro decisione Consiglio Ordine
Siracusa, 15 aprile
1989).
Nel
procedimento
disciplinare non può farsi luogo a pronuncia di assoluzione per
insufficienza di prove,
in quanto il dubbio intorno ai fatti che avrebbero determinato la
violazione dei doveri
professionali si traduce in mancanza di prova circa la sussistenza
dell'addebito.
Pertanto, qualora il complesso delle risultanze processuali istruttorie
induca ad un
giudizio dubitativo circa la sussistenza del fatto, si deve addivenire
al proscioglimento
dell'incolpato.
(C.N.F.
8 Marzo 1990, n. 7 - Pres. GRANDE STEVENS - Rel. D'ALESSIO - P.M. LEO
(concl. diff.) -
Accoglie ricorso contro decisione Consiglio Ordine Piacenza, 12 luglio
1988).
È viziata da
nullità insanabile e rilevabile anche d'ufficio la decisione del
Consiglio dell'Ordine
che, in violazione degli artt. 31, terzo comma legge professionale e
45, r.d. n. 37/1944,
abbia rigettato la domanda di iscrizione all'Albo degli avvocati per
motivi di condotta,
senza la contestazione dei fatti e senza l'assegnazione del termine di
almeno dieci giorni
per eventuali giustificazioni.
(C.N.F.
8 Marzo 1990, n. 6 - Pres. LANDRISCINA - Rel. DOLZANI - P.M. VALERI
(concl. conf.) -
Accoglie ricorso contro decisione Consiglio Ordine Milano, 9 febbraio
1989).
Secondo
il
disposto del nuovo rito penale, deve escludersi un qualsiasi
automatismo tra la sentenza
penale di condanna e la decisione disciplinare. Il giudice
disciplinare, infatti, è
tenuto a valutare liberamente gli elementi probatori di carattere
logico sui quali può
pervenire a conclusioni diverse rispetto al giudice penale.
(C.N.F.
- decisione n. 117 del 6-11-1995)
La condotta del
professionista forense deve essere esaminata dal Consiglio dell'Ordine
indipendentemente
dall'apprezzamento del giudice penale ed alla luce dei principi
deontologici che devono
caratterizzare il comportamento del professionista, onde accertare se
lo stesso abbia
commesso infrazioni alle indicate norme deontologiche, tali che non lo
rendano degno di
appartenere ad un ordine professionale.
(C.N.F.
19 APRILE 1991, N. 49 - Pres. LANDRISCINA - Rel. CARANCI - P.M. NICITA
(concl.
conf.).(Rigetta ricorso contro decisione Consiglio Ordine Venezia , 7
maggio 1990).
1.La necessità
di sospensione del procedimento sino all'esito di quello penale - che
ha come fondamento e
limite l'indispensabilità logica dell'antecedente, avente carattere
pregiudiziale,
secondo le disposizioni del c.p.p. abrogato - deve essere tuttavia
esclusa quando gli
elementi istruttori, desunti dal processo penale, autonomamente e
discrezionalmente
valutati dal giudice disciplinare, consentono di rilevare -
prescindendo dalla sussistenza
o meno di un reato - un comportamento del professionista non conforme
alla dignità e al
decoro professionale.
2.La sospensione
cautelare non ha natura di vera e propria sanzione disciplinare e per
la sua applicazione
non è necessario che il Consiglio dell'Ordine valuti la fondatezza
delle incolpazioni o
delle imputazioni penali, ma solo la gravità delle stesse e
l'opportunità della
sospensione.
3.Il
professionista che sia stato coinvolto in gravi vicende penali di
risonanza anche
nazionale, oltre che locale, per appropriazione indebita, truffa,
ricettazione, traffico
di sostanze stupefacenti, emissione di assegni a vuoto, e che sia stato
inquisito per
calunnia e violazione tributarie, ha compromesso con tali comportamenti
non solo la
propria reputazione, ma la dignità della intera classe forense. (Nella
fattispecie il
responsabile di tali addebiti è stato radiato dall'Albo).
(C.N.F.
9 APRILE 1991, N. 15 - Pres. LANDRISCINA - Rel. SCASSELLATI SFORZOLINI
- P.M. DETTORI
(concl. conf.) - Rigetta ricorso contro decisione Consiglio Ordine
Sanremo, 12 febbraio
1990).
1-La
disciplina
introdotta col nuovo codice di procedura sancisce il principio
dell'autonomia dei
procedimenti giurisdizionali: pertanto deve ritenersi legittima, da
parte del Consiglio
Nazionale Forense, l'autonoma valutazione dei fatti sia sotto il
profilo penale, sia sotto
quello disciplinare.
2-Il
termine
quinquennale di prescrizione dell'azione disciplinare è validamente
interrotto dalla
instaurazione del procedimento disciplinare e non riprende a decorrere
se non alla
conclusione del procedimento stesso.
3-Il
professionista che trattiene indebitamente somme incassate per conto
del proprio cliente,
omettendo di dare esaurienti spiegazioni, e cercando, altresì, di
ritardare e sviare il
C.d.O. con dichiarazioni mendaci al riguardo, pone in essere la
violazione di un preciso
dovere deontologico; è pertanto adeguata la sanzione della
cancellazione dagli albi.
(C.N.F.
30 SETTEMBRE 1995, N. 99 - Pres. RICCIARDI - Rel. MAZZAROLLI - P.M.
IANNELLI (conf.) -
Ricc. avv. M.F. (Rigetta ricorso avverso decisione del C.d.O. di Roma
del 21gennaio 1993).
1- Non sussiste
pregiudizialità del procedimento penale rispetto a quello
amministrativo che si svolge
innanzi al Consiglio dell'ordine per la valutazione di un comportamento
del professionista
dal punto di vista disciplinare. Pertanto, se i fatti sono
pacificamente accertati, può
procedersi al giudizio disciplinare senza dovere attendere la
definizione del procedimento
penale.
2- Costituisce
grave violazione dei doveri deontologici il comportamento del
professionista che sottrae
un documento dal fascicolo di studio di un collega, e lo utilizza
consegnandolo ad un
terzo soggetto, il quale avrebbe potuto illecitamente avvalersene. A
nulla rileva la
circostanza che il fascicolo gli fosse stato spontaneamente consegnato
per una
consultazione. (Nella fattispecie è stata inflitta la sanzione della
sospensione
professionale per la durata di sette mesi).
(C.N.F.
13 OTTOBRE 1995, N. 103 - Pres. f.f. PANUCCIO - Rel. LUBRANO - P.M.
IANNELLI (diff.)
(Rigetta il ricorso avverso decisione del C.d.O. di Aosta del 19 luglio
1994).
Qualora,
nel
giudizio di primo grado avanti al Consiglio dell'Ordine la
contestazione dell'addebito
(nella fattispecie, la supposta induzione in errore da parte
dell'avvocato, il quale abbia
impedito ad una cliente di prendere piena conoscenza dei termini di una
transazione) non
corrisponda alla violazione accertata nella successiva decisione del
Consiglio dell'Ordine
(carenze deontologicamente rilevanti nella liquidazione di un compenso
elevato e comunque
non giustificato dalle tariffe professionali), si deve ravvisare una
violazione del
diritto di difesa costituzionalmente garantito, e la conseguente
nullità della decisione.
L'addebito di aver seguito un comportamento "non lineare" nella
richiesta degli
onorari dovuti dal cliente costituisce nella specie un'accusa formale,
astratta, che non
tiene conto della obiettiva situazione di fatto esistente, e del
contrasto tra il
professionista e la cliente in ordine al modo di pervenire ad un'equa
sistemazione della
controversia. Pertanto l'incolpato deve essere prosciolto da tale
addebito.
(C.N.F.
11 Febbraio 1992, n. 33 - Pres. f.f. LANDRISCINA - Rel. PICCINI - P.M.
FEDELI (concl.
diff.) - Accoglie ricorso contro decisione Consiglio Ordine Udine, 7
giugno 1990).
Il
mancato
rispetto del termine minimo a comparire assegnato al ricorrente in un
giudizio
disciplinare (tenuto conto della sospensione dei termini processuali
fissata dall'art. 1
della legge 7 ottobre 1969, n. 742), ove non sanato dalla comparizione
del ricorrente
stesso, determina la nullità della successiva decisione.
(C.N.F.
20 Maggio 1991, n. 102 - Pres. GRANDE STEVENS - Rel. CARANCI - P.M.
IANNELLI (concl.
conf.) (Accoglie ricorso contro decisione Consiglio Ordine Venezia, 24
settembre 1990).
1-Ove non sia
diversamente disposto dalla legge professionale si applicano al
procedimento disciplinare
le norme del processo civile. Ne consegue che una volta instaurato
regolarmente il
contraddittorio con la notifica dell'atto di citazione ed il rispetto
del termine
dilatorio di cui all'art. 45 l.p., gli eventuali successivi rinvii
possono essere disposti
senza alcun termine minimo.
2-È
inammissibile il ricorso spedito a mezzo posta entro il termine di
presentazione di cui
agli artt. 50 R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578 e 59 R.D.L. 22 gennaio
1934, n. 37, ma
pervenuto al Consiglio dopo la scadenza del termine stesso.
(C.N.F.
8 Febbraio 1992, n. 22 - Pres. f.f. CAGNANI
- Rel. VACIRCA - P.M. NICITA (concl. conf.) - Dichiara inammissibile
ricorso contro
decisione Consiglio Ordine Bologna, 18 maggio 1987).
Va annullata la
decisione con cui il Consiglio dell'Ordine abbia inflitto una sanzione
disciplinare per
una mancanza nettamente diversa da quella contestata. (Nella
fattispecie all'incolpato era
stata contestata l'omessa nomina di sostituto ai sensi dell'art. 127
c.p.p. e la sanzione
era stata inflitta in relazione a suo abbandono della difesa).
(C.N.F.
4 Ottobre 1990, n. 79 - Pres. CAGNANI - Rel. DOLZANI - P.M. NICITA
(concl. diff.)
(Accoglie ricorso contro decisione Consiglio Ordine Trapani, 8 ottobre
1988).
Il Consiglio
dell'Ordine può ritenersi regolarmente costituito solo se siano stati
regolarmente e
previamente convocati tutti i suoi componenti. L'omessa regolare
convocazione comporta la
nullità del procedimento disciplinare, anche se adottato con la
presenza di un numero
legale di consiglieri.
(C.N.F. 24 GENNAIO
1991, N. 6 - Pres. GRANDE STEVENS - Rel. DOLZANI - P.M. JANNELLI
(concl. conf.) - Accoglie
ricorso contro decisione Consiglio Ordine Lecce, 31 maggio 1989).
In difetto di
prova certa delle accuse rivolte, il professionista incolpato deve
essere prosciolto, non
potendosi fondarsi una decisione di condanna su posizioni non
riscontrate né confermate.
(C.N.F. 24 GENNAIO
1991, N. 7 - Pres. CAGNANI- Rel. CAMASSA - P.M. JANNELLI (concl. parz.
conf.) - Accoglie
ricorso contro decisione Consiglio Ordine Caltanissetta, 4 ottobre
1989).
La lettera di
comunicazione con cui il Consiglio dell'Ordine informa l'incolpato ed
il pubblico
ministero dell'apertura di procedimento disciplinare a termini
dell'art. 38 r.d.l. 27
novembre 1933, n. 1578, priva di firma del Presidente del Consiglio e
di altri in sua
vece, pur compilata su carta intestata dell'Ordine, non è a questo
riferibile. Tale
irregolarità rende nulli i successivi atti del procedimento
disciplinare e la stessa
decisione finale.
(C.N.F. 3 APRILE 1991,
N. 13 - Pres. LANDRISCINA - Rel. FALZEA - P.M. FEDELI (concl. conf.)
A fronte di
impedimento a comparire comprovato da certificato medico che attesti
l'impossibilità del
professionista a lasciare la propria abitazione, la richiesta di rinvio
non può essere
rigettata se non dopo che sia stata disposta visita di controllo o, in
alternativa, avendo
l'organo procedente adeguatamente motivato circa l'illegittimità
dell'impedimento per
inconsistenza della relativa causa. Nella fattispecie è stata annullata
la decisione del
Consiglio dell'Ordine adottata in seguito a reiezione della richiesta
di rinvio ritenuta
non giustificata, senza peraltro motivazione circa le ragioni a
sostegno della decisione
presa.
(C.N.F.
21 Aprile 1990, n. 30 - Pres. GRANDE STEVENS - Rel. SICILIANO - P.M.
LEO (concl. conf.) -
Accoglie ricorso contro decisione Consiglio Ordine Milano, 30 maggio
1989).
1-Il
Consiglio
dell'Ordine che provveda alla notifica di un atto di citazione
all'interessato contenente
la (ri)formulazione circostanziata degli addebiti, peraltro già
sommariamente enunciati
nella comunicazione di apertura del procedimento disciplinare,
inserendo anche gli
ulteriori protesti risultanti dagli elenchi ufficiali, rispetta
pienamente le regole
procedimentali dettate a garanzia del diritto di difesa dell'incolpato.
2-Il
solo fatto
di aver emesso un numero elevato di cambiali, in breve arco di tempo,
lasciandole poi
protestare, costituisce violazione delle norme deontologiche così grave
da legittimare
l'irrogazione della sanzione della sospensione dall'esercizio della
professione per la
durata di quattro mesi.
(C.N.F.
- 25 OTTOBRE 1989, N. 144 - Pres. LANDRISCINA - Rel. DI LAURO - P.M.
IANNELLI (concl.
conf.) - Rigetta ricorso contro decisione Consiglio Ordine Firenze, 13
aprile 1988).
1-Il Consiglio
nazionale forense ritiene ragionevole, in mancanza di una disposizione
ad hoc, che, se a
garanzia del diritto di difesa e del principio del contraddittorio,
deve esservi un
termine, anteriore all'udienza, entro il quale depositare delle memorie
onde consentire
alle parti di poterle conoscere e contestare, esso vada ricercato nella
norma del codice
di procedura civile che fissa alle parti il termine di dieci giorni
liberi prima
dell'udienza per procedere allo scambio delle rispettive conclusionali.
Nella fattispecie,
non è stata conseguentemente presa in esame, perchè tardiva, una
memoria presentata dal
Consiglio dell'Ordine interessato depositata meno di dieci giorni prima
dell'udienza.
2-Solo i legali
degli enti pubblici sono da considerare esclusi dal regime di
incompatibilità previsto
dall'art. 3 u.s. lett. b) del R.D.L. n. 1578 del 1933. La ratio di
questa eccezione va
individuata nell'essere soltanto gli enti pubblici titolari di poteri
pubblici
relativamente alla propria organizzazione, per cui gli atti con cui
dettano la disciplina
della loro organizzazione sono da considerare atti normativi, con tutte
le conseguenze che
tale qualificazione comporta, mentre gli atti con i quali un soggetto
privato detta tale
disciplina, restano sempre solamente manifestazione di autonomia
privata. Se la ragione
dell'incompatibilità, stabilita nell'art. 3, va individuata
nell'esigenza di tutelare
l'indipendenza della professione legale e l'autonomia di giudizio e
d'iniziativa degli
avvocati, le eccezioni dello stesso previste debbono risultare coerenti
con essa.
Pertanto, alla costituzione, da parte di un ente pubblico, di un
ufficio legale scaturisce
un insieme di norme tra le quali necessariamente anche quelle che
valgono a garantire
l'indipendenza dell'avvocato, che non può non sussistere dove si abbia
un ufficio che
meriti di chiamarsi legale. Quali che siano le regole particolari
dettate per le
cosiddette banche d'interesse nazionale in ragione della loro
particolare rilevanza, e
pure ammessa la funzione rivolta a fini di pubblica utilità svolta da
dette banche, resta
pur sempre che tali enti non solo si configurano come enti che operano
con gli strumenti
del diritto privato ma - ed è ciò che più conta - risultano strutturati
e organizzati
in base a criteri privatistici. Non è stata conseguentemente accolta la
domanda di
iscrizione all'Albo presentata da un dipendente della Banca Commerciale
Italiana.
(C.N.F.
14 Luglio 1989, n. 95 - Pres. LANDRISCINA - Rel. MAZZAROLLI - P.M.
JANNELLI (concl. conf.)
- Rigetta ricorso contro decisione Consiglio Ordine Roma, 19 luglio
1988).
L'art. 51 R.D. 22
gennaio 1934, n. 37, dispone che la deliberazione del Consiglio
dell'Ordine in materia
disciplinare viene redatta dal relatore e deve essere sottoscritta dal
presidente e dal
segretario. In mancanza di norme specifiche, poi, si applicano le
regole previste nel
codice di procedura civile a meno che la legge professionale non
richiami espressamente
quelle del codice di procedura penale.
L'art. 132 del
codice di procedura civile prevede che le sentenze emesse da giudice
collegiale debbano
essere sottoscritte dal Presidente e, se questi non può, dal componente
più anziano del
collegio, purchè prima della sottoscrizione venga menzionato il motivo
dell'impedimento.
Deve essere conseguentemente annullata, per contrarietà a norme
imperative, la decisione
del COnsiglio dell'Ordine che sia sottoscritta dal solo consigliere
relatore, quale
facente funzione del Presidente, senza che sia fatta menzione, prima
della sottoscrizione,
dell'impedimento del Presidente e della natura di esso.
(C.N.F.
3 Aprile 1989, n. 66 - Pres. GRANDE STEVENS - Rel. LANDRISCINA - P.M.
VALERI (concl.
conf.) - Accoglie ricorso contro decisione Consiglio Ordine Ferrara, 19
marzo 1988).
1-I termini
processuali civili hanno normalmente natura ordinatoria e sono
perentori solo se
qualificati tali dal legislatore (art. 152 c.p.c.). Non avendo pertanto
qualificato il
legislatore come perentori i termini di cui al quinto comma dell'art.
31 del r.d.l. 27
novembre 1933, n. 1578 e terzo comma dell'art. 59, r.d. 22 gennaio
1934, n. 37, essi
devono ritenersi ordinatori e non prescritti a pena di nullità.
2-Il procuratore
legale per acquisire il diritto all'iscrizione all'Albo degli avvocati
per anzianità deve
tra l'altro dimostrare di aver esercitato lodevolmente la professione
forense di
procuratore per almeno sei anni. Tale prova deve essere offerta con
idoneo certificato
della cancelleria presso cui è stata svolta la professione nel periodo
prescritto. In
mancanza di tali prove va escluso il diritto all'iscrizione. Nessun
valore probatorio può
essere attribuito alle dichiarazioni di un avvocato attestanti la
partecipazione del
procuratore alla difesa di cause di cui quest'ultimo non abbia assunto
il patrocinio.
3-È
manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale
dell'art. 27 del
r.d.l. 1578/33 sotto il profilo della disparità di trattamento, ai fini
della
dimostrazione dell'esercizio professionale per sei anni, tra coloro che
hanno effettuato
attività professionale extraprocessuale e coloro che hanno effettuato
attività
professionale processuale. Tale disposizione non viola infatti il
principio di
uguaglianza, in quanto la necessità della pratica giudiziaria
processuale è stata
introdotta dalla legge per tutti e non sulla base di una
discriminazione.
(C.N.F. - 30
OTTOBRE
1989, N. 158 - Pres. GRANDE STEVENS - Rel. GARANCI - IANNELLI
(concl. conf.) - Ric.
Proc. Gen. Corte Appello di Bari). (Accoglie ricorso contro decisione
Consiglio
dell'Ordine Trani, 27 settembre 1989).
Conforme sentenza
171/89
(C.N.F.
- 5 DICEMBRE 1989, N. 171 - Pres- GRANDE STEVENS - Rel. RICCIARDI -
P.M. IANNELLI (concl.
conf.) - Rigetta ricorso contro decisione Consiglio dell'Ordine di
Roma, 22 dicembre
1987).
In mancanza della
prova che l'incolpato abbia tenuto un determinato comportamento deve
ritenersi che
l'accusa non è vera e, conseguentemente, l'incolpato deve essere
prosciolto.
(C.N.F. 4 MARZO 1995,
N. 19 - Press. f.f.
LANDRISCINA - Rel. PANUCCIO - P.M. FEDELI (conf.) - Accoglie ricorso
avverso decisione del
C.d.O. di Bolzano del 22 maggio 1992).
È inficiato da
nullità il procedimento disciplinare ove manchi la contestazione
precisa e concreta
dell'incolpazione, nonchè la citazione a comparire all'udienza fissata
per l'apertura del
procedimento. La prova assunta in un procedimento radicalmente nullo è
essa stessa nulla
e, come tale, non può essere utilizzata in altro procedimento.
(C.N.F.
n. 20 del 21-2-1996 )
1-La sanzione
disciplinare può essere pronunziata nei confronti del professionista
quando si sia
raggiunta la piena prova della sussistenza dei fatti per cui si
procede, a nulla rilevando
la circostanza che per gli stessi fatti, in campo penale, sia
intervenuta amnistia.
2-Costituisce
violazione dei principi deontologici di lealtà e correttezza, passibile
di sanzione
disciplinare, il comportamento dell'avvocato che ometta di dar conto al
cliente di somme
presumibilmente riscosse per conto dello stesso.
3-Pone in essere
un comportamento deontologicamente scorretto, e passibile di sanzione
disciplinare, il
professionista che dopo aver incaricato un collega di un altro foro non
provveda a
corrispondergli tutto quanto dovuto, a titolo di spese e competenze,
per effetto del
mandato conferito.
(C.N.F.
30 SETTEMBRE 1995, N. 100 - Pres. f.f. PANUCCIO - Rel. GALATI - P.M.
MARTONE (conf..
(Rigetta ricorso avverso decisione del C.d.O. di Firenze del 12 marzo
1994).
L'insussistenza
di elementi probatori, posti a sostegno del provvedimento disciplinare,
comporta
necessariamente l'assoluzione dell'incolpato da ogni imputazione ed il
conseguente
annullamento della decisione adottata.
(C.N.F.
- decisione n. 120 del 6-11-1995)
1-Perchè possa
ritenersi sussistente l'impedimento dell'avvocato difensore a comparire
in udienza, e
quindi possa concedersi il dovuto rinvio, è necessario che l'impegno
professionale
concomitante sia non soltanto comunicato tempestivamente, ma
documentato ed esplicitato
anche in riferimento alla essenzialità e non sostituibilità della
presenza del difensore
in altro processo.
2-Il procedimento
disciplinare è autonomo rispetto a quello penale e pertanto non è
necessaria la
sospensione del primo in attesa della definizione del secondo,
soprattutto quando i fatti
disciplinarmente rilevanti risultino già acclarati in atti.
3-L'avvocato che,
dopo aver assunto l'incarico, non adempia al mandato ricevuto, induca
in errore il cliente
inducendolo a confidare nella inesistente pattuizione di una dilazione,
e
conseguenzialmente percepisca ingenti compensi per l'attività svolta
solo in minima
parte, viola i doveri di dignità, correttezza e decoro ed è passibile
di sanzione
disciplinare. (Nella specie è stata inflitta la sanzione della
cancellazione dagli albi
professionali).
(C.N.F.
- Decisione n. 112 del 6-11-1995)
1-La richiesta di
rinvio per impegno del difensore deve contenere la prova
dell'impedimento ai fini della
valutazione dell'esistenza di esso, la sua gravità e l'anteriorità
rispetto al
procedimento di cui si chiede il rinvio. Infatti nel procedimento
disciplinare la difesa
tecnica è facoltativa; è quindi onere dell'incolpato prendere
tempestivi contatti con il
proprio difensore od, eventualmente, difendersi personalmente.
2-L'avvocato che
trattenga somme incassate quale curatore del fallimento, ometta di
consegnare al nuovo
curatore tutta la documentazione in suo possesso, e trasmetta con
notevole ritardo il
rendiconto a cui è obbligato, lede il prestigio dell'intera classe
forense ed è soggetto
a sanzione disciplinare. (Nella specie è stata inflitta la pena della
radiazione dagli
albi professionali).
(C.N.F. - decisione n.
128 del 28-11-1995)
1-L'impedimeto
dell'avvocato a comparire dinnanzi al Consiglio dell'ordine,
nell'ambito di un
procedimento disciplinare, non può ritenersi sussistente qualora sia
provato da un
certificato medico che si limiti ad attestare condizioni fisiche
precarie e comunque
stabilizzate nel tempo. (Nella specie il medico faceva riferimento ad
un intervento di
natura cardio-chirurdica effettuato alcuni anni prima).
2- Costituisce
violazione dei principi deontologici di lealtà e correttezza il
comportamento
dell'avvocato che trattenga indebitamente una somma di denaro destinata
alla parte
assistita.
(C.N.F. 30 SETTEMBRE
1995, N. 102 - Pres.
f.f. CAGNANI - Rel. CAGNANI - P.M. IANNELLI (conf.) (Rigetta ricorso
avverso decisione del
C.d.O. di Palermo del 12 maggio 1994).
È validamente
radicato il procedimento disciplinare anche se preliminarmente non sia
stato esperito con
l'interessato un tentativo di conciliazione: tale tentativo rientra
infatti nella facoltà
del Consiglio che lo può disporre o meno ove lo ritenga opportuno,
tenuto conto della
fattispecie concreta.
(C.N.F.
6 NOVEMBRE 1992, N. 112 - Pres. LANDRISCINA - Rel. DIEGO - P.M.
JANNELLI (concl. conf.)
(Rigetta ricorso contro decisione Consiglio Ordine Cagliari, 11 aprile
1991).
1-L'impedimento
dell'avvocato a comparire dinanzi al C.d.O., nell'ambito di un
procedimento disciplinare,
non può ritenersi sussistente qualora sia sorretto da un certificato
medico che, pur
attestando la presenza di una patologia, non dimostri l'attuale
impedimento del
professionista a comparire (nella specie il certificato riferiva di una
bronchite acuta
con sospetto di focolaio di broncopolmonite, ed era precedentemente di
nove giorni alla
data dell'udienza).
2-Pone in essere
un comportamento gravemente lesivo della dignità e decoro professionale
l'avvocato che
non abbia onorato alla scadenza molteplici effetti cambiari, che abbia
dato fideiussione e
non vi abbia adempiuto, che abbia assunto impegni per i quali si sia
dimostrato
inadempiente. (Nella specie è stata inflitta la pena della
cancellazione dall'albo).
(C.N.F.
- 11 LUGLIO 1996, N. 97 - Pres. Cagnani - Rel. Ruggerini - P.M.
Iannelli (conf.) (Rigetta
ricorso avverso decisione C.d.O. di Roma, 14 gennaio 1995).
L'avvocato è da
prosciogliere dall'addebito quando le incertezze e le imprecisioni del
teste, unica fonte
di prova, impediscono all'organo deliberante il conseguimento senza
riserve del
convincimento circa la responsabilità dell'incolpato.
(C.N.F.
11 Giugno 1992, n. 74 - Pres. f.f. CAGNANI - Rel. SICILIANO - P.M.
FEDELI (concl. conf.)
(Rigetta ricorso contro decisione Consiglio Ordine Torino, 17 settembre
1990).
1-La validità
del collegio giudicante deve essere riferita al momento della
decisione. Il deposito è
attività di altri soggetti, rispetto alla quale è irrilevante se esso
sia effettuato o
non dal relatore.
2-Il
professionista che ometta di svolgere il mandato affidatogli dal
cliente, che vanti il
compimento di attività professionali in realtà non eseguite, ottenendo
il versamento di
fondo spese, che subisca protesti, tiene comportamenti contrari alla
dignità e
correttezza professionali. Nella fattispecie è stata applicata la
sanzione della
sospensione dall'esercizio della professione per la durata di sei mesi.
(C.N.F.
17 LUGLIO 1992, N. 85 - Pres. RICCIARDI - Rel. PANUCCIO - P.M. JANNELLI
(concl. conf.)
(Accoglie ricorso contro decisione Consiglio Ordine Bologna, 23
novembre 1985).
1-Non determina
nullità della decisione la mancata audizione dei testi ammessi, quando
risulti che il
Consiglio dell'ordine abbia ritenuto le testimonianze, anche per
implicito, ininfluenti ai
fini del giudizio e dalla motivazione emerga detta irrilevanza e
ininfluenza, per essere
il Collegio pervenuto all'accertamento completo del fatto da giudicare
attraverso il
monitoraggio delle risultanze acquisite.
2-Il
provvedimento con il quale viene inflitta la sanzione disciplinare
della sospensione
dall'esercizio della professione per mesi uno (tempo inferiore al
minimo di due mesi
previsto dalla legge professionale) è invalido per errore di diritto,
ricadente su una
norma la cui osservanza è obbligatoria; per il principio della
conservazione degli atti,
tuttavia, l'invalidità del provvedimento sanzionatorio non si estende
agli altri atti del
procedimento (nella specie il Consiglio nazionale forense, riesaminati
gli atti del
procedimento di primo grado, ha sostituito alla sospensione
dall'esercizio professionale
per un mese la sanzione della censura).
(C.N.F. 20 MARZO 1995,
N. 35 - Pres. f.f.
LANDRISCINA - Rel. D'ARLE - P.M. NICITA (conf.) - Accoglie ricorso
decisione del C.d.O. di
Monzza del 1 febbraio 1993).
La decisione
adottata dal Consiglio dell'ordine su avviso di convocazione comunicato
all'incolpato meno
di dieci giorni prima del termine di comparizione avanti la commissione
disciplinare è
annullabile perchè pronunciata in violazione dell'art. 45 R.D.L. 157
del 27 novembre
1933, n. 1578.
(C.N.F.
4 Ottobre 1990, n. 80 - Pres. LANDRISCINA - Rel. SICILIANO - P.M. LEO
(concl. conf.) -
Accoglie ricorso contro decisione Consiglio Ordine Roma, 1 dicembre
1989).
Ai sensi
dell'art. 48 del R.D.L. 27 novembre 1933 n. 1578 (ordinamento delle
professioni di
avvocato e procuratore), i testimoni assunti nei procedimenti
disciplinari avanti ai
colleghi degli ordini territoriali non sono tenuti a prestare
giuramento, atteso, in
particolare, che tale norma fa specifico riferimento (disponendone
l'applicabilità ai
procedimenti suddetti) solo agli artt. 358 e 359 cod. proc. pen.
(vecchio testo), senza
richiamare anche l'art. 449 dello stesso codice, prevedente l'obbligo
del giuramento per
la fase dibattimentale; né, interpretato in tal senso, l'art. 48
suindicato è
sospettabile d'illegittimità costituzionale, stante la diversa natura
del procedimento
disciplinare e di quello penale, volti, rispettivamente, a tutelare
interessi propri di
una categoria professionale e della generalità dei cittadini.
Cass. Sez. U
Sent.
12391 del 20/11/1992
1-L'art. 50 del
R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578 prescrive che la decisione del
Consiglio dell'Ordine
locale debba essere notificata in forma integrale all'interessato e
possa essere impugnata
nel termine di venti giorni dalla notifica, a pena di decadenza,
davanti al Consiglio
nazionale forense.
2-Ai sensi
dell'art. 44 R.D.L. 22 gennaio 1934, n. 37 il professionista iscritto
all'albo può
provvedere personalmente alla propria difesa in ogni stato e grado del
procedimento
disciplinare; è pertanto facoltativa l'assistenza nel procedimento di
un difensore di
fiducia, qualora l'interessato lo ritenga di suo interesse.
(C.N.F. 28 Marzo 1992,
n. 43 - Pres. GRANDE
STEVENS - Rel. SICILIANI - P.M. IANNELLI (concl. conf.) - Dichiara
inammissibile ricorso
contro decisione Consiglio Ordine Roma, 14 giugno 1990).
1- Il termine di
quindici giorni fissato dall'articolo 50 r.d.l. 27 novembre 1933, n.
1578, per la
notificazione delle decisioni del Consiglio dell'ordine ha carattere
ordinatorio e la sua
inosservanza non determina la nullità della decisione stessa.
2-La
riabilitazione, nel caso di condanna penale, costituisce condizione
necessaria ma non
sufficiente per l'iscrizione del professionista nell'a albo tenuto dal
Consiglio
dell'ordine. È necessario, quindi, valutare complessivamente i fatti
che hanno
determinato le condanne penali in precedenza intervenute (nel caso di
specie il Consiglio
Nazionale Forense ha favorevolmente considerato la giovanissima età del
condannato, il
decorso di un periodo di quindici anni dai fatti delittuosi, l'ottima
condotta successiva
del ricorrente).
(C.N.F. 30 SETTEMBRE
1995, N. 88 - Pres.
CAGNANI - Rel. GAZZARA - P.M. FEDELI (conf.) - (Accoglie ricorso
avverso decisione del
C.d.O. di Roma del 7 ottobre 1993).
1-L'art. 50 del
R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578 dispone che "le decisioni... dei
Consigli
dell'Ordine locali sono notificate in copia integrale entro quindici
giorni
all'interessato e al Pubblico Ministero presso il tribunale, al quale
sono comunicati
contemporaneamente anche gli atti del procedimenti disciplinare. Il
Pubblico Ministero
presso il Tribunale riferisce entro dieci giorni con potere motivato al
Pubblico Ministero
presso la Corte d'Appello. Quest'ultimo e l'interessato possono entro
venti giorni dalla
notificazione di cui al comma precedente proporre ricorso al Consiglio
nazionale
forense".
2-Abilitato ad
impugnare le decisioni degli Ordini è quindi soltanto il Procuratore
Generale presso la
Corte di Appello. Nella fattispecie è stato pertanto dichiarato
inammissibile il ricorso
al Consiglio nazionale forense presentato dal procuratore della
Repubblica presso il
Tribunale.
(C.N.F. 17 Luglio 1989,
n. 99 - Pres.
GRANDE STEVENS - Rel. SANINO - P.M. VALERI (concl. conf.) - Ric.
Procuratore della
Repubblica di Tortona. (Dichiara inammissibile ricorso contro decisione
Consiglio Ordine
Tortona, 21 luglio 1988).
L'art. 50 del
R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578 prescrive che la decisione del
Consiglio dell'Ordine
locale debba essere notificata in forma integrale all'interessato e
possa essere impugnata
nel termine di venti giorni dalla notifica, a pena di decadenza,
davanti al Consiglio
nazionale forense.
Ai sensi
dell'art. 44 R.D.L. 22 gennaio 1934, n. 37 il professionista iscritto
all'albo può
provvedere personalmente alla propria difesa in ogni stato e grado del
procedimento
disciplinare; è pertanto facoltativa l'assistenza nel procedimento di
un difensore di
fiducia, qualora l'interessato lo ritenga di suo interesse.
(C.N.F.
28 Marzo 1992, n. 43 - Pres. GRANDE STEVENS - Rel. SICILIANI - P.M.
IANNELLI (concl.
conf.) Dichiara inammissibile ricorso contro decisione Consiglio Ordine
Roma, 14 giugno
1990).
1-Ove non sia
diversamente disposto dalla legge professionale si applicano al
procedimento disciplinare
le norme del processo civile. Ne consegue che una volta instaurato
regolarmente il
contraddittorio con la notifica dell'atto di citazione ed il rispetto
del termine
dilatorio di cui all'art. 45 l.p., gli eventuali successivi rinvii
possono essere disposti
senza alcun termine minimo.
2-È
inammissibile il ricorso spedito a mezzo posta entro il termine di
presentazione di cui
agli artt. 50 R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578 e 59 R.D.L. 22 gennaio
1934, n. 37, ma
pervenuto al Consiglio dopo la scadenza del termine stesso.
(C.N.F.
8 Febbraio 1992, n. 22 - Pres. f.f. CAGNANI - Rel. VACIRCA - P.M.
NICITA (concl. conf.) -
Dichiara inammissibile ricorso contro decisione Consiglio Ordine
Bologna, 18 maggio 1987).
1-L'art. 50 del
r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578 dispone che "le decisioni dei
Consiglio dell'Ordine
locali sono notificate in copia integrale entro 15 giorni
all'interessato e al Pubblico
Ministero presso il Tribunale al quale sono comunicati
contemporaneamente anche gli atti
del procedimento disciplinare. Il Pubblico Ministero presso il
Tribunale riferisce entro
dieci giorni con parere motivato al Pubblico Ministero presso la Corte
d'Appello.
Quest'ultimo e l'interessato possono entro venti giorni dalla
notificazione di cui al
comma precedente proporre ricorso al Consiglio nazionale forense".
2-Abilitato ad
impugnare le decisioni emesse dal Consiglio dell'Ordine, oltre
all'interessato, è quindi
soltanto il Procuratore Generale presso la Corte d'Appello e non già il
Procuratore
presso il Tribunale (applicazione in relazione ad una deliberazione in
tema di
incompatibilità).
(C.N.F.
30 Agosto 1989, n. 123 - Pres. GRANDE STEVENS - Rel. SANINO - P.M.
VALERI (concl. conf.) -
Dichiara inammissibile ricorso contro decisione Consiglio Ordine
Tortona, 7 giugno 1988).
L'irregolare
composizione del Consiglio al momento della decisione per l'intervento
di un Consigliere
assente al momento della trattazione comporta la nullità della
decisione, rilevabile
anche d'ufficio.
(C.N.F. 6 Luglio 1993,
n. 98 - Pres.
RICCIRADI - Rel. DIEGO - P.M. FEDELI (concl. conf.) - (Accoglie ricorso
contro decisione
Consiglio Ordine Fermo, 22 ottobre 1992).
1.È competente a
procedere disciplinarmente a carico dell'incolpato il Consiglio
dell'Ordine cui appartiene
l'incolpato stesso, benchè questi, all'epoca in cui si sono verificati
i fatti
ipoteticamente rilevanti sotto il profilo disciplinare, fosse
componente del Consiglio
dell'Ordine stesso.
2.L'art. 1
d.l.C.p.S. 28 maggio 1947, n. 597, che sottrae alla competenza del
Consiglio dell'Ordine
le questioni disciplinari riguardanti i suoi componenti, attribuendole
al Consiglio
Costituito nella sede della Corte d'Appello più vicina, non si applica
qualora, alla data
della trasmissione degli atti, l'incolpato non sia più Consigliere
dell'Ordine.
(C.N.F.
4 Maggio 1991, n. 79 - Pres. f.f. e Rel. LANDRISCINA - P.M. MOROZZO
DELLA ROCCA (concl.
conf.) - Ric. Consiglio Ordine Roma. (Rigetta ricorso contro decisione
Consiglio Ordine
Perugia, 19 ottobre 1989).
La
notifica
dell'atto di citazione introduttivo del giudizio disciplinare, che sia
avvenuta non a mani
del professionista destinatario, ma di persona il cui nome appare
pressochè illegibile e
che sembra qualificarsi come familiare incaricato, allorchè non risulti
nemmeno avvenuta
presso la casa o lo studio dell'incolpato, non può ritenersi idonea a
costituire
validamente il procedimento disciplinare. A causa del vizio alla radice
nella regolare
formazione del contraddittorio la sentenza successivamente emanata va
annullata.
(C.N.F.
5
Novembre 1990, n. 98 - Pres. GRANDE STEVENS - Rel. FALZEA - P.M. JANNELLI
(concl. conf.) -
(Accoglie ricorso contro decisione Consiglio Ordine Roma, 2 dicembre
1989).
Deve
essere
annullata la decisione del Consiglio dell'ordine che commina una
sanzione disciplinare nei
confronti dell'avvocato, quando tale decisione sia fondata sull'erroneo
apprezzamento dei
fatti e sulla carenza di prove. (Nella specie, non essendo stati
escussi alcuni testimoni
decisivi, il Consiglio nazionale forense ha annullato la decisone del
C.d.O.).
(C.N.F.
4 LUGLIO 1995, N. 75 - Pres. f.f.
PANUCCIO - Rel. DI BENEDETTO - P.M. FEDELI (conf.) (Accoglie ricorso
avverso decisione
C.d.O. di Messina del 10 luglio 1992).
1-Deve essere
dichiarata la nullità della deliberazione emessa dal C.d.O.. per
irregolare costituzione
del collegio giudicante se vi abbiano partecipato più consiglieri
rispetto alle
precedenti adunanze, nelle quali pure si era svolta una rilevante
attività istruttoria
(interrogatorio dell'incolpato, audizione dei testimoni).
2-Nel corso di un
procedimento disciplinare a carico di un professionista forense, la
mancata audizione
dell'incolpato determina la nullità della decisione adottata.
(C.N.F. n. 81 del
18-9-1995)
1-Deve ritenersi
valida la notificazione dell'avviso di udienza effettuata, in assenza
dell'interessato, a
mani del portiere dello stabile dove è situato lo studio del
professionista, e comunicata
al destinatario con raccomandata.
2-Le circostanze
personale del professionista, anche se sopravvenute al compimento del
fatto illecito,
possono essere considerate dal giudice disciplinare ai fini della
eventuale riduzione
della sanzione inflitta.
3-L'avvocato che,
dopo aver ricevuto in prestito denaro da un amico, non lo retituisca,
rimanendo
inadempiente per alcuni anni, e subendo i relativi protesti, pone in
essere un
comportamento disciplinare rilevante meritevole della sanzione della
sospensione per due
mesi.
(C.N.F.
- decisione n. 121 del 6-11-1995)
La regola (dettata
dall'art. 38, secondo comma, del R.D.L. 27 novembre 1933 n. 1578)
secondo la quale la
competenza a procedere disciplinarmente a carico di avvocati e
procuratori appartiene
tanto al Consiglio dell'ordine che ha la custodia dell'albo in cui il
professionista è
iscritto quanto al Consiglio nella cui giurisdizione è avvenuto il
fatto per cui si
procede, ed è determinata, volta per volta, dal criterio della
prevenzione, si riferisce
al procedimento disciplinare nel suo insieme e pertanto, per il suo
carattere generale, è
applicabile anche alla fase iniziale di tale procedimento relativa
all'adozione di una
misura cautelare, come quella della sospensione dall'esercizio della
professione, non
integrando deroga al principio generale anzidetto le specifiche
disposizioni degli artt.
43 e 44 della stessa legge professionale.
Cass. Sez. U Sent.
03882 del 01/04/1993 da
vedere: 538/77
È inammissibile
il ricorso qualora sia sottoscritto dal solo difensore senza che figuri
nel testo del
ricorso stesso o comunque allegato agli atti un mandato specifico da
parte del ricorrente.
(C.N.F.
20 Maggio 1991, n. 101 - Pres. GRANDE
STEVENS - Rel. CARANCI - P.M. IANNELLI (concl. conf.) (Dichiara
inammissibile ricorso
contro decisione Consiglio Ordine Gorizia, 19 luglio 1989).
È inammissibile
il ricorso qualora sia sottoscritto dal solo difensore, senza
l'esistenza di alcun mandato
da parte del ricorrente.
È altresì
inammissibile il ricorso inviato a mezzo posta direttamente al
Consiglio nazionale
forense, dovendo essere presentato negli uffici del Consiglio
dell'Ordine che ha emesso la
pronuncia impugnata.
(C.N.F. 20 Maggio 1991,
n. 104 - Pres. f.f. LANDRISCINA - Rel. RICCIARDI - P.M. INANNELLI
(concl. coonf.)
(Dichiara inammissibile ricorso contro decisione Consiglio Ordine Roma,
6 luglio 1989).
La mancata
sottoscrizione del ricorso presentato al Consiglio nazionale forense
provoca
l'inammissibilità dell'atto. La legge professionale, infatti, per i
principi generali che
debbono governare il procedimento disciplinare, rinvia al codice di
procedura civile, che
prescrive la necessaria sottoscrizione degli atti in mancanza della
quale gli atti sono
nulli o inesistenti.
(C.N.F. 28 Marzo 1992,
n. 45 - Pres. GRANDE STEVENS - Rel. SICILIANO - P.M. MOROZZO DELLA
ROCCA (concl. conf.)
(Dichiara inammissibile ricorso contro decisione Consiglio Ordine
Milano, 22 maggio 1989).
Il ricorso al
Consiglio nazionale forense non sottoscritto dalla parte bensì da un
legale, peraltro non
iscritto nell'albo speciale degli avvocati ammessi al patrocinio
dinanzi alla Corte
suprema di cassazione e alle altre giurisdizioni superiori è nullo per
violazione
dell'art. 60, ultimo comma, R.D. 22 gennaio 1934, n. 37 in connessione
con l'art. 33
R.D.L. n. 1578/1933.
(C.N.F. - 18 MARZO
1993, N. 24 - Pres.
RICCIARDI - Rel. SCASSELLATI SFORZOLINI - P.M. MARTONE (concl. conf.) -
Inammissibilità
del ricorso).
Ai sensi
dell'ultimo comma dell'art. 60 del R.D. 22 gennaio 1934 n. 37, deve
ritenersi
inammissibile il ricorso sprovvisto della firma del professionista
interessato, e con
apposta la firma del difensore di fiducia non munito di mandato
speciale.
(C.N.F. 30 SETTEMBRE
1995, N. 101 - Pres. RICCIARDI - Rel. CAGNANI - P.M. NICITA (diff.) -
Dichiara
inammissibile il ricorso avverso decisione del C.d.O. di Roma del 16
dicembre 1993).
Il ricorso
davanti al Consiglio nazionale forense è inammissibile qualora sia
stato sottoscritto da
un avvocato non iscritto nell'elenco dei cassazionisti e quindi non
abilitato
all'esercizio della professione avanti alle giurisdizioni superiori.
(C.N.F. 23 Aprile 1991,
n. 67 - Pres. f.f. CAGNANI - Rel. CARANCI - P.M. LEO (concl. conf.) -
Dichiara
inammissibile ricorso contro decisione Consiglio Ordine Roma, 5
dicembre 1989).
Nei procedimenti
avanti il Consiglio nazionale forense il professionista può essere
assistito da un
avvocato abilitato al patrocinio presso le Magistrature Superiori solo
se munito di
mandato speciale, intendendosi per tale la procura conferita
specificatamente per quel
grado del procedimento, non valendo a tali effetti la procura
rilasciata in precedente
grado, anche se con estensione a tutti i gradi del procedimento.
(C.N.F. 23 Luglio 1990,
n. 71 - Pres. LANDRISCINA - Rel. SICILIANI - P.M. DETTORI (concl.
conf.) - Dichiara
inammissibile ricorso contro decisione Consiglio Ordine Padova, 6
luglio 1989).
È inammissibile
il ricorso inviato direttamente al Consiglio nazionale forense, dovendo
lo stesso, ai
sensi dell'art. 59, primo comma R.D.L. 22 gennaio 1934, n. 37, essere
depositato presso
gli uffici del Consiglio dell'Ordine che ha emesso la pronuncia
impugnata.
art. 59, primo
comma R.D.L. 22 gennaio 1934, n. 37
(C.N.F. 8 Febbraio
1992, n. 19 - Pres. GRANDE STEVENS - Rel. DE PALMA - P.M. FEDELI
(concl. conf.) - Dichiara
inammissibile ricorso contro decisione Consiglio ordine Potenza, 20
aprile 1990).
Conforme: 8 febbraio 1992, n. 20.
Il ricorso al
Consiglio nazionale forense contro una delibera del Consiglio
dell'Ordine deve essere
presentato presso il Consiglio dell'Ordine da quo e non può essere
inoltrato direttamente
alla Segreteria del Consiglio nazionale forense, a pena
d'inammissibilità.
(C.N.F. 5 Novembre
1990, n. 99 - Pres. LANDRISCINA - Rel.CARANCI - P.M. LEO (concl. conf.)
- Dichiara
inammissibile ricorso contro decisione Consiglio Ordine Urbino, 18
novembre 1989).
Ai sensi
dell'art. 59 R.D. 22 gennaio 1934, n. 37 i ricorsi al Consiglio
nazionale forense devono
essere presentati negli uffici del Consiglio dell'Ordine che ha emesso
la pronuncia
impugnata. Il mancato rispetto di questa formalità rende il ricorso
inammissibile.
(C.N.F. 15 Giugno 1989,
n. 86 - Pres. GRANDE STEVENS - Rel. PASSINO - P.M. VALERI (concl.
conf.) - Dichiara
inammissibile ricorso contro decisione Consiglio Ordine Busto Arsizio,
30 novembre 1988).
Il ricorso al
Consiglio nazionale forense contro una decisione del Consiglio
dell'ordine deve essere
presentato agli uffici del Consiglio dell'Ordine che ha emesso la
pronuncia impugnata. Il
ricorso depositato direttamente al Consiglio nazionale forense è quindi
inammissibile.
(C.N.F. 4 Ottobre 1990,
n. 82 - Pres. LANDRISCINA - Rel. SANINO - P.M. LEO (concl. conf.) -
Dichiara inammissibile
il ricorso contro decisione Consiglio Ordine Pisa, 5 maggio 1989).
Colui che non sia
iscritto in Albi forensi (magistrato in pensione) e abbia richiesto un
parere al Consiglio
dell'Ordine non può impugnare avanti il Consiglio nazionale forense sul
provvedimento
emesso nei suoi confronti. Ai sensi dell'art. 59 R.D.L. 22 gennaio
1934, n. 37, i ricorsi
al Consiglio nazionale forense devono essere presentati negli uffici
del Consiglio
dell'Ordine che ha emesso la pronuncia impugnata. Il mancato rispetto
di questa formalità
rende il ricorso inammissibile.
(C.N.F. 15 Giugno 1989,
n. 92 - Pres. LANDRISCINA - Rel. SICILIANO - P.M. JANNELLI (concl.
conf.) - Dichiara
inammissibile ricorso contro decisione Consiglio Ordine Brindisi, 13
febbraio 1988)
È inammissibile
il ricorso inviato direttamente al Consiglio nazionale forense, dovendo
lo stesso, ai
sensi dell'art. 59, primo comma R.D.L. 22 gennaio 1934, n. 37, essere
depositato presso
gli uffici del Consiglio dell'Ordine che ha emesso la pronuncia
impugnata.
(C.N.F. 8 Febbraio
1992, n. 19 - Pres. GRANDE STEVENS - Rel. DE PALMA - P.M. FEDELI
(concl. conf.) - Dichiara
inammissibile ricorso contro decisione Consiglio ordine Potenza, 20
aprile 1990).
Conforme: 8 febbraio 1992, n. 20.
Ai sensi
dell'art. 59 R.D. 22 gennaio 1934, n. 37, i ricorsi al Consiglio
nazionale forense devono
essere presentati negli uffici del Consiglio dell'Ordine che ha emesso
la pronuncia
impugnata. Il mancato rispetto di questa formalità rende il ricorso
inammissibile.
(C.N.F. 20 Maggio 1989,
n. 81 - Pres. GRANDE STEVENS - Rel. PASSINO - P.M. LEO (concl. conf.) -
Dichiara
inammissibile ricorso contro decisione Consiglio Ordine Busto Arsizio,
30 settembre 1988).
È irricevibile
per violazione della disposizione dell'art. 59 r.d. del 1934, n. 37, il
ricorso inviato al
Consiglio nazionale forense invece che agli uffici del Consiglio
dell'Ordine che ha emesso
la decisione impugnata.
art.
59 r.d. del 1934, n. 37
(C.N.F. 6 LUGLIO 1990,
n. 50 - Pres. LANDRISCINA - Rel. DOLZANI - P.M. VALERI (concl. conf.) -
Dichiara
inammissibile ricorso contro decisione Consiglio Ordine Trapani, 8
ottobre 1988).
L'art. 59 del
r.d. 22 novembre 1934, n. 37 prescrive che i ricorsi al Consiglio
nazionale forense vanno
presentati negli uffici del Consiglio Ordine che ha emesso la pronuncia
a pena di
irricevibilità.
(C.N.F. 8 GIUGNO 1990,
n. 44 - Pres. GRANDE STEVENS - Rel. CARANCI - P.M. LEO (concl. conf.) -
Dichiara
inammissibile ricorso contro decisione Consiglio Ordine Vibo Valentia,
16 febbraio 1989).
Qualora il
ricorso al Consiglio nazionale forense contro una delibera del
Consiglio dell'Ordine sia
inoltrato direttamente presso gli uffici di segreteria del primo, non
si può procedere
all'esame del merito dell'impugnazione, ma si deve dichiarare
l'inammissibilità del
ricorso.
(C.N.F. 23 LUGLIO 1990,
n. 60 - Pres. GRANDE STEVENS - Rel. DE PALMA - P.M. VALERI (concl.
conf.) - Dichiara
inammissibile ricorso contro decisione Consiglio Ordine Venezia, 15
maggio 1989).
È inammissibile
il ricorso inviato direttamente al C.N.F. in violazione dell'art. 59
del r.d. 22 gennaio
1934, n. 37, che impone la presentazione del ricorso agli uffici del
Consiglio dell'ordine
che ha emesso il provvedimento impugnato.
(C.N.F. 28 FEBBRAIO
1996, N. 36 - Pres. CAGNANI - Rel. ROSSI - P.M. FEDELI (conf.) -
Dichiara inammissibile il
ricorso avverso decisione C.d.O. di Como, 2 maggio 1994).
È inammissibile
il ricorso al Consiglio nazionale forense contro una delibera del
Consiglio dell'Ordine in
materia di tenuta Albi depositato direttamente presso la segreteria del
Consiglio
nazionale forense e non presso quella del Consiglio dell'Ordine a quo.
(C.N.F. 31 Marzo 1990,
n. 24 - Pres. GRANDE STEVENS - Rel. PICCINI - P.M. VALERI (concl.
conf.) - Dichiara
inammissibile ricorso contro decisione Consiglio Ordine Arezzo, 18
febbraio 1989).
Ai sensi
dell'art. 59 R.D. 22 gennaio 1934, n. 37, coloro che intendano proporre
impugnazione al
Consiglio nazionale forense contro provvedimenti adottati dai Consigli
dell'Ordine locali
devono presentare ricorso presso gli uffici del Consiglio dell'Ordine
che ha emesso la
pronuncia. Quest'ultimo, espletati gli adempimenti del caso, trasmette
gli atti al
Consiglio nazionale forense. Pertanto, il ricorso presentato
direttamente al Consiglio
nazionale forense deve essere dichiarato inammissibile.
(C.N.F. 23 Aprile 1991,
n. 61 - Pres. f.f. CAGNANI - Rel. SICILIANI - P.M. LEO (concl. conf.)
(Dichiara
inammissibile ricorso contro decisione Consiglio Ordine Reggio
Calabria, 16 giugno 1990).
Nell'ambito del
procedimento di impugnazione di una decisione, il deposito del ricorso
direttamente al
Consiglio nazionale forense e non al Consiglio dell'ordine che ha
emesso il provvedimento
impugnato, come invece tassativamente stabilisce l'art. 59, 1^ comma,
r.d. 22 gennaio
1934, n. 37 e la mancanza, nel ricorso, di qualsiasi specificazione dei
motivi sui quali
si fonda l'impugnazione, determina l'inammissibilità dello stesso
ricorso.
(C.N.F. - 27 DICEMBRE
1994, N. 171 - Pres. RICCIARDI - Rel. SCASSELLATI SFORZOLINI - P.M.
FEDELI (conf.) -
Dichiara inammissibile ricorso avverso decisione C.d.O. di Roma del 28
febbraio 1987).
La facoltà di
impugnare le decisioni degli Ordini forensi in materia disciplinare,
anche quella che
definisce non un procedimento ma la fase di accertamento dei
presupposti per l'eventuale
avvio di un procedimento di tale genere, spetta esclusivamente
all'interessato (cioè al
professionista) ed al Procuratore Generale presso la Corte d'Appello
del distretto cui
appartiene il Consiglio dell'Ordine interessato. Nella fattispecie il
ricorso al Consiglio
Nazionale forense presentato da terzi privati cittadini è stato
dichiarato inammissibile.
(C.N.F. - 19 SETTEMBRE
1994, N. 83)
È inammissibile
l'impugnazione dell'esecuzione della delibera di cancellazione di un
professionista dagli
albi dopo che il Consiglio nazionale forense aveva già rigettato il
ricorso, essendo tale
atto del Consiglio dell'Ordine un adempimento di un preciso ed univoco
obbligo di legge,
una mera presa d'atto di un provvedimento divenuto esecutivo per
effetto della pronuncia
del Consiglio nazionale forense.
Il
potere di sospendere la esecutività delle
decisioni del Consiglio nazionale forense spetta esclusivamente alle
Sezioni unite della
Corte di Cassazione, in via preventiva ed in camera di Consiglio su
istanza del
ricorrente.
(C.N.F. 14 Aprile 1993,
n. 56 - Pres. RICCIARDI - Rel. BOSSI - P.M. FEDELI (concl. conf.)
(Dichiara improponibile
ricorso contro decisione Consiglio Ordine Roma, 19 settembre 1991).
(Conformi: 14 aprile
1993, n. 57 e 58)
Il ricorso con cui
si impugna una decisione del C.d.O. deve essere depositato a pena di
inammissibilità
presso gli uffici del C.d.O. che ha emesso la pronuncia e non presso il
Consiglio
nazionale forense.
(C.N.F. - 9 OTTOBRE
1996, N. 125 - Pres.
f.f. Panuccio - Rel. Rossi - P.M. Iannelli (conf.) (Dichiara
inammissibile il ricorso
avverso decisione C.d.O. di Rossano, 4 marzo 1995).
È
inammissibile il
ricorso al Consiglio nazionale forense contro una decisione del
Consiglio dell'Ordine,
depositato presso la segreteria di quest'ultimo, dopo la scadenza del
termine di venti
giorni stabilito dall'art. 50 r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578.
(C.N.F. 23 APRILE 1991,
N. 59 - Pres.
GRANDE STEVENS - Rel. CARANCI - P.M. JANNELLI (concl. conf.) - Dichiara
inammissibile
ricorso contro decisione Consiglio Ordine Milano, 17 luglio 1989).
È tardivo e quindi
va dichiarato inammissibile il ricorso al Consiglio nazionale forense
avverso una delibera
del Consiglio dell'Ordine, presentato oltre venti giorni dopo la
notifica della delibera
impugnata. (Nella fattispecie il ricorso era altresì inammissibile
perchè privo di
indicazione di motivi di impugnazione formulati in modo tale da
indicare i limiti
dell'indagine).
(C.N.F. 27
Dicembre 1990, n. 144 - Pres. GRANDE STEVENS - Rel. CARANCI - P.M. VALERI
(concl. conf.)
(Dichiara inammissibile ricorso contro decisione Consiglio ordine
Bergamo, 31 maggio
1988).
È inammissibile il
ricorso al Consiglio nazionale forense contro una delibera del
Consiglio dell'Ordine
depositato dopo il ventunesimo giorno dalla comunicazione della
decisione, essendo
tassativo il termine di venti giorni previsto per l'impugnazione.
(C.N.F. 31 Marzo 1990,
n. 25 - Pres. GRANDE
STEVENS - Rel. PICCINI - P.M. VALERI (concl. conf.) - Dichiara
inammissibile ricorso
contro decisione Consiglio Ordine Macerata, 17 dicembre 1988).
È inammissibile il
ricorso presentato al Consiglio nazionale forense oltre il termine di
venti giorni
previsto dall'art. 59 del R.D.L. 22 gennaio 1934, n. 37.
(C.N.F. 8 Febbraio
1992, n. 21 - Pres.
GRANDE STEVENS - Rel. DE PALMA - P.M. FEDELI (concl. conf.) - Dichiara
inammissibile
ricorso contro decisione Consiglio Ordine Roma, 25 novembre 1989).
Conforme: 8 febbraio
1992, n. 27.
Il termine per
proporre ricorso al Consiglio nazionale forense contro le delibere del
Consiglio
dell'Ordine in materia di tenuta Albi è di venti giorni dalla notifica.
Il ricorso
presentato oltre tale termine va dichiarato inammissibile.
(C.N.F. 5
Novembre 1990, n. 85 - Pres. CAGNANI - Rel. BELLISARI - P.M.
DETTORI (concl. conf.) -
Dichiara inammissibile ricorso contro decisione Consiglio Ordine Busto
Arsizio, 13
novembre 1987).
È tardivo e quindi
va dichiarato inammissibile il ricorso al Consiglio nazionale forense
avverso una delibera
del Consiglio dell'Ordine presentato oltre venti giorni dopo la
notifica della delibera
impugnata.
(C.N.F. 27
Dicembre 1990, n. 135 - Pres. GRANDE STEVENS - Rel. SCASSELLATI SFORZOLINI
- P.M. JANNELLI
(concl. conf.) - Dichiara inammissibile ricorso contro decisione
Consiglio Ordine Roma, 23
novembre 1989).
È tardivo e quindi
va dichiarato inammissibile il ricorso al Consiglio nazionale forense
avverso una delibera
del Consiglio dell'Ordine presentato oltre venti giorni dopo la
notifica della delibera
impugnata.
(C.N.F. 27
Dicembre 1990, n. 140 - Pres. GRANDE STEVENS - Rel. CAGNANI - P.M. FEDELI
(concl. conf.) -
Dichiara inammissibile ricorso contro decisione Consiglio Ordine Roma,
2 dicembre 1989).
È inammissibile il
ricorso al Consiglio nazionale forense che sia pervenuto al Consiglio
dell'Ordine oltre
venti giorni dalla data di notifica della decisione impugnata.
(C.N.F. 20 Maggio 1989,
n. 75 - Pres.
GRANDE STEVENS - Rel. SICILIANO - P.M. (concl. conf.) - Dichiara
inammissibile ricorso
contro decisione Consiglio Ordine Roma, 28 aprile 1988).
È tardivo e quindi
va dichiarato inammissibile il ricorso al Consiglio nazionale forense
avverso una delibera
del Consiglio dell'Ordine presentato oltre venti giorni dopo la
notifica della delibera
impugnata.
(C.N.F. 27
Dicembre 1990, n. 131 - Pres. GRANDE STEVENS - Rel. PISAPIA - P.M. LEO
(concl. conf.) - Rigetta
ricorso contro decisione Consiglio Ordine Roma, 4 novembre 1989).
È tardivo e quindi
va dichiarato inammissibile il ricorso al Consiglio nazionale forense
avverso una delibera
del Consiglio dell'Ordine presentato oltre venti giorni dopo la
notifica della delibera
impugnata.
(C.N.F. 27
Dicembre 1990, n. 136 - Pres. CAGNANI - Rel. CAGNANI - P.M. NICITA
(concl. conf.) -
Dichiara inammissibile ricorso contro decisione Consiglio Ordine Roma,
18 novembre 1989).
La proposizione del
ricorso avverso la decisione del Consiglio dell'ordine locale, in
materia disciplinare,
oltre il termine perentorio dei venti giorni stabilito dall'art. 50
r.d.l. 27 novembre
1933, n. 1578, determina l'inammissibilità del gravame proposto
dall'incolpato.
(C.N.F. - 5 DICEMBRE
1994, N. 134 - Pres.
RICCIARDI - Rel. BUCCICO - P.M. NICITA (conf.) (Dichiara inammissibile
ricorso avverso
decisione C.d.O. di ToRINO DEL 15 MARZO 1993).
Il ricorso al
Consiglio nazionale forense avverso la decisione del Consiglio
dell'ordine territoriale,
deve essere presentato entro il termine stabilito dall'art. 50, co. 1^,
del r.d.l. 27
novembre 1933, n. 1578. La violazione del termine contenuto nella
citata norma comporta
l'inammissibilità del ricorso.
(C.N.F. - 27 DICEMBRE
1994, N. 178 - Pres.
RICCIARDI - Rel. PANUCCIO - P.M. MARTONE (conf.) (Dichiara
inammissibile ricorso avverso
decisione C.d.O. di Genova del 18 novembre 1993).
Il ricorso al
Consiglio nazionale forense avverso la decisione del Consiglio
dell'ordine territoriale,
deve essere presentato entro il termine stabilito dall'art. 50, Co. 1^,
del r.d.l. 27
novembre 1933, n. 1578. La violazione del termine contenuto nella
citata norma comporta
l'inammissibilità del ricorso.
(C.N.F. - 27 DICEMBRE
1994, N. 178 - Pres.
RICCIARDI - Rel. PANUCCIO - P.M. MARTONE (conf.) - Dichiara
inammissibile ricorso avverso
decisione C.d.O. di Genova del 18 novembre 1993).
La proposizione del
ricorso avverso la decisione del Consiglio dell'ordine locale, in
materia disciplinare,
oltre il termine perentorio dei venti giorni stabilito dall'art. 50
r.d.l. 27 novembre
1933, n. 1578, determina l'inammissibilità del gravame proposto
dall'incolpato.
(C.N.F. - 5 DICEMBRE
1994, N. 134 - Pres.
RICCIARDI - Rel. BUCCICO - P.M. NICITA (conf.) - Dichiara inammissibile
ricorso avverso
decisione C.d.O. di Torino del 15 marzo 1993).
È tardivo e quindi
va dichiarato inammissibile il ricorso al Consiglio Nazionale Forense
avverso una delibera
del Consiglio dell'Ordine presentato oltre il termine di venti giorni
dopo la notifica
della delibera impugnata.
È inammissibile il
ricorso spedito a mezzo posta entro il termine di presentazione di cui
all'art. 50 R.D.L.
27 novembre 1933, n. 1578, ma pervenuto al Consiglio dopo la scadenza
del termine stesso.
(C.N.F. 13
Novembre 1991, n. 110 - Pres. GRANDE STEVENS - Rel. RICCIARDI - P.M.
MOROZZO DELLA ROCCA
(concl. conf.) - Riv. avv. S.P. (Dichiara inammissibile ricorso contro
decisione Consiglio
Ordine Roma, 13 giugno 1989).
Il termine di venti
giorni dalla notifica della decisione impugnata, fissato dall'art. 50
R.D.L. 27 novembre
1933, n. 1578 per la proposizione del ricorso contro la decisione del
Consiglio
dell'Ordine è perentorio, come ben si desume anche dall'art. 59 R.D. 22
gennaio 1934, n.
37, e non può considerarsi equivalente al ricorso un semplice
fonogramma della procura
generale che non contenga la specifica indicazione dei motivi sui quali
la censura si
fonda, pur se inoltrato al Consiglio dell'Ordine a quo entro detto
termine.
(C.N.F. 17 Luglio 1989,
n. 102 - Pres.
GRANDE STEVENS - Rel. DOLZANI - P.M. JANNELLI (concl. conf.) - Ric.
Proc. Gen. presso
Corte Appello Bari. (Dichiara inammissibile ricorso contro decisione
Consiglio Ordine
Foggia, 1 ottobre 1988).
Il termine di venti
giorni dalla notifica della decisione impugnata, fissato dall'art. 50
R.D.L. 27 novembre
1933, n. 1578 per la proposizione del ricorso contro la decisione del
Consiglio
dell'Ordine è perentorio, come ben si desume anche dall'art. 59 R.D. 22
gennaio 1934, n.
37. Di conseguenza il ricorso presentato dopo tale termine va
dichiarato inammissibile.
(C.N.F. 20 Luglio 1989,
n. 109 - Pres.
GRANDE STEVENS - Rel. LA VOLPE - P.M. LEO (concl. conf.) - Dichiara
inammissibile contro
decisione Consiglio Ordine Sassari, 11 dicembre 1987).
È inammissibile il
ricorso presentato al Consiglio nazionale forense oltre il termine di
venti giorni
previsto dall'art. 50 R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578.
(C.N.F. 23 LUGLIO 1991,
n. 106 - Pres. f.f.
CAGNANI - Rel. RICCIARDI - P.M. VALERI (concl. conf.) Dichiara
inammissibile ricorso
contro decisione Consiglio Ordine Roma, 2 marzo 1989).
Ai
sensi dell'art. 50 R.D.L. 1578/1933 il ricorso
al Consiglio nazionale forense contro una delibera del Consiglio
dell'Ordine deve essere
presentato negli uffici del Consiglio dell'Ordine che ha emesso la
pronuncia, entro il
termine perentorio di giorni venti dalla avvenuta notifica
all'interessato. Il mancato
rispetto del predetto termine rende il ricorso inammissibile.
(C.N.F.
15 Febbraio 1993, n. 16 - Pres. GRANDE STEVENS - Rel. SANINO - P.M.
VALERI (concl. conf.)
- Dichiara inammissibile ricorso contro decisione Consiglio Ordine
Padova, 29 settembre
1989).
È tardivo, e
quindi deve essere dichiarato inammissibile, il ricorso al Consiglio
nazionale forense
avverso una delibera del Consiglio dell'ordine presentato oltre il
termine di venti giorni
dopo la notifica della delibera impugnata.
(C.N.F. 4 LUGLIO 1995,
N. 76 - Pres. f.f.
PANUCCIO - Rel. SCASSELLATI SFORZOLINI - P.M. MARTONE (conf.) (Dichiara
inammissibile
ricorso avverso decisione C.d.O. di Roma del 20 aprile 1993).Conforme:
18 SETTEMBRE 1995,
N. 79 - Pres. f.f. PANUCCIO - Rel. CADDEO - P.M. MARTONE (conf.)
(Dichiara inammissibile
ricorso avverso decisione C.d.O. di Udine del 18 marzo 1994).
Il decesso del
professionista che abbia proposto impugnazione avanti il Consiglio
nazionale forense
comporta declaratoria di non doversi procedere. Conforme n.8/95
(C.N.F. 4 MARZO 1995,
N. 27 - Pres. f.f. CAGNANI - Rel. DI LAURO - P.M. NICITA (conf.) -
Dichiara non luogo a
procedere per intervenuto decesso del ricorrente).
Deve essere
rigettata la richiesta di rinvio d'udienza avanzata dal difensore del
ricorrente innanzi
al Consiglio nazionale forense, quando manchi la dimostrazione
dell'impedimento di natura
professionale del predetto difensore. L'istanza di rinvio deve essere
altresì rigettata
nell'ipotesi - come nel caso di specie - di tardività della nomina da
parte del
ricorrente, con la sua piena consapevolezza dell'impedimento del
difensore prescelto.
L'accoglimento dell'istanza di rinvio in tali circostanze, infatti,
consentirebbe di
ritenere che il ricorrente, nominando, magari all'ultimo momento, un
difensore
impossibilitato per precedenti impegni a comparire all'udienza fissata,
possa comunque
ottenere il rinvio del proprio procedimento.
La concessione di
prestiti usurari al proprio cliente, in quanto integra un'irreparabile
lesione degli
interessi di questo ad opera dell'avvocato, che approfitta delle sue
difficoltà
finanziarie, costituisce non soltanto una violazione degli obblighi
deontologici forensi,
ma una vera e propria negazione della funzione del difensore, la cui
ragion d'essere nella
nostra società è quella di offrire ed assicurare tutela al proprio
assistito. (Nella
specie il Consiglio nazionale forense ha ritenuto congrua, anche se in
qualche modo
riduttiva, la sanzione disciplinare della cancellazione dagli albi).
(C.N.F. 18 SETTEMBRE
1995, N. 80 - Pres.
f.f. PANUCCIO - Rel. CADDEO - P.M. IANNELLI (conf.) - Rigetta ricorso
avverso decisione
C.d.O. di Bologna dell'8 giugno 1993).
La revoca del
provvedimento di sospensione cautelare da parte del Consiglio
dell'ordine e il deposito
dell'atto di rinuncia al ricorso dinanzi al Consiglio nazionale forense
determina la
pronuncia di non luogo a procedere per cessata materia del contendere.
(C.N.F. 20 MARZO 1995,
N. 39 - Pres. f.f.
PANUCCIO - Rel. BUCCICO - P.M. FEDELI (diff.) - Dichiara cessata la
materia del contendere
per rinunzia del ricorso).
Il decesso del
professionista che abbia proposto impugnazione avanti il Consiglio
nazionale forense
contro una delibera del Consiglio dell'Ordine di appartenenza comporta
declaratoria di non
doversi procedere .
(C.N.F. 6 FEBBARIO
1995, N. 8 - Pres.
RICCIARDI - Rel. CAGNANI - P.M. FEDELI (conf.) - Dichiara non luogo a
deliberare per
intervenuto decesso del ricorrente)
La incolpazione
specifica dei motivi di ricorso al Consiglio nazionale forense (art. 59
R.D. 1934 n. 37)
ha per scopo di individuare i vizi della pronuncia che vengono fatti
valere; la
specificità non riguarda solo il petitum, ma anche le ragioni sulla cui
base si innesca
il riesame della delibera.
È ammissibile
l'esame dal parte del Consiglio nazionale forense di questioni
direttamente connesse con
quelle dedotte coi motivi di impugnazione, non già di gravi motivi
d'appello con atti
successivi al ricorso, che debbano essere dichiarati, anche d'ufficio,
inammissibili.
(C.N.F. - 13 FEBBRAIO
1993, N. 8 - Pres. RICCIARDI - Rel. DI LAURO - P.M. IANNELLI (concl.
conf.) - Rigetto del
ricorso).
1-Il Consiglio
nazionale forense, in materia disciplinare, non è il giudice della
legittimità del
provvedimento amministrativo sanzionatorio adottato da un Consiglio
dell'Ordine, ma è
dotato di piena giurisdizione sulla irrogazione e commisurazione della
sanzione inflitta,
con il solo limite del divieto della reformatio in pejus rispetto a
quanto statuito nella
decisione amministrativa.
2-La richiesta di
pagamento di un parcella esorbitante, pur messa in relazione di
alternatività con l'altra
richiesta, di importo bensì nettamente inferiore, ma del tutto anomala,
in quanto
caratterizzata dal suo accompagnarsi all'assunzione di impegni
particolarmente gravosi per
il suo destinatario (quali, nella fattispecie, l'attribuzione di nuovi
incarichi a
compensi predeterminati, con pagamenti forfettari mensili, dovuti in
ogni caso, anche in
mancanza di prestazioni, con rinnovi automatici in difetto di
preavviso) costituisce
un'infrazione disciplinare sanzionabile nel caso di specie con il mero
avvertimento.
(C.N.F.
2 Maggio 1991. n. 73 - Pres. f.f. CAGNANI -
Rel. MAZZAROLLI - P.M. FEDELI (concl. conf.) - Respinge ricorso contro
decisione Consiglio
Ordine Ferrara, 27 ottobre 1989).
1-Ai sensi
dell'art. 59 del r.d. 22 gennaio 1934, n. 37, il ricorso al Consiglio
nazionale forense
contro una delibera del Consiglio dell'Ordine deve essere presentato
negli uffici del
Consiglio dell'Ordine che ha emesso la pronuncia. L'omissione di tale
adempimento, per
tassatività della norma, rende il ricorso inammissibile.
2-È
inammissibile il ricorso al Consiglio nazionale forense contro la
delibera di apertura del
procedimento disciplinare perchè le decisioni del Consiglio dell'Ordine
soggette a
ricorso ex art. 50 r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578, sono soltanto
quelle a mezzo delle
quali il Consiglio, in applicazione dei poteri previsti dalla legge,
risolve e definisce
le questioni sottoposte al suo esame.
(C.N.F. - 7
OTTOBRE
1989, N. 138 - Pres. GRANDE STEVENS - Rel. DI PALMA - P.M. LEO
(concl. conf.) (Dichiara
inammissibile ricorso contro decisione Consiglio Ordine Catania, 26
luglio 1987).
Perchè possa
procedersi alla valutazione della legittimità di una deliberazione che
abbia inflitto una
sanzione disciplinare è necessario preliminarmente verificare che
sussistano quegli
elementi indispensabili perchè un provvedimento possa considerarsi
esistente e
individuabili nel soggetto, oggetto, forma, contenuto e finalità
dell'atto. (Nella
fattispecie è stato dichiarato inammissibile il ricorso al Consiglio
nazionale forense
contro un atto del Consiglio dell'Ordine non contenente valutazioni
circa il comportamento
del professionista, né intenti sanzionatori).
(C.N.F. - 25 OTTOBRE
1989, N. 142 - Pres. LANDRISCINA - Rel. SANINO - P.M. IANNELLI (concl.
conf.) (Dichiarare
inammissibile ricorso contro decisione Consiglio Ordine Lucera, 12
marzo 1984).
L'impugnazione
avverso una decisione del Consiglio dell'ordine, deve essere proposta
mediante ricorso da
depositarsi, a norma dell'art. 59 r.d. 22 gennaio 1934, n. 37, al
Consiglio dell'ordine
locale. Deve ritenersi pertanto inammissibile il ricorso presentato non
già al Consiglio
dell'ordine, ma direttamente al Consiglio nazionale forense.
(C.N.F. - 5 DICEMBRE
1994, N. 151 - Pres. f.f. CAGNANI - Rel. SCASSELLATI SFORZOLINI - P.M.
IANNELLI (conf.) -
Dichiara inammissibile ricorso avverso decisione C.d.O. di Roma del 5
novembre 1992).
È inammissibile il
ricorso che sia stato presentato non già al Consiglio dell'Ordine, a
norma dell'art. 59
R.D. 22 gennaio 1934, n. 37, ma direttamente al Consiglio Nazionale
forense
(C.N.F. 6 FEBBRAIO
1995, N. 10 - Pres. RICCIARDI - Rel. SCASSELLATI SFORZOLINI - P.M.
MARTONE (conf.) -
Dichiara inammissibile ricorso avverso decisione del C.d.O. di Roma del
5 novembre 1992 -
14 gennaio 1993).
È inammissibile
il ricorso inviato direttamente al Consiglio Nazionale Forense, in
violazione dell'art. 59
del R.D. 22 gennaio 1934 n. 37, che impone la presentazione del ricorso
negli uffici del
Consiglio dell'ordine che ha emesso il provvedimento impugnato.
(C.N.F. 18 SETTEMBRE
1995, N. 83 - Pres. f.f. PANUCCIO - Rel. RUGGERINI - P.M. NICITA
(conf.) - Dichiara
inammissibile il ricorso avverso le decisioni del C.d.O. di Roma del 5
novembre 1992 e 14
gennaio 1993).
Qualora un
professionista abbia impugnato la delibera di sua cancellazione
dall'Elenco speciale
annesso all'Albo e successivamente il Consiglio dell'Ordine abbia
disposto il suo
passaggio dall'Elenco speciale all'Albo ordinario, viene meno
l'interesse ad un'eventuale
pronuncia di illegittimità e annullamento del primo provvedimento e
deve essere
conseguentemente dichiarato il non luogo a deliberare.
(C.N.F. 10 GENNAIO
1989, N. 4 - Pres. LANDRISCINA - Rel. MAZZAROLI - P.M. JANNELLI (concl.
conf.) - Dichiara
non luogo a deliberare su ricorso contro decisione Consiglio Ordine
Roma, 22 dicembre
1987).
Qualora il
professionista che abbia impugnato una pronuncia del Consiglio
dell'Ordine avanti il
Consiglio nazionale forense dichiari di non aver più motivo per
insistere nelle sue
richieste, la sopravvenuta carenza di suo interesse al procedimento
impone la declaratoria
di non luogo a deliberare per tale motivo.
(C.N.F. 18 Marzo 1989,
n. 61 - Pres. LANDRISCINA - Rel. VACIRCA - P.M. MARTINELLI (concl.
conf.) - Dichiara non
doversi procedere su ricorso contro decisione Consiglio Ordine Bari, 17
dicembre 1977).
La funzione
giurisdizionale attribuita al C.n.f. riguarda la cognizione in sede di
gravame dei ricorsi
proposti avverso le delibere assunte dai Consigli circondariali in
materia di tenuta degli
albi, in materia disciplinare e avverso al diniego del certificato di
compiuta pratica,
nonchè il controllo della correttezza delle operazioni per l'elezione
dei Consigli
circondariali e l'esercizio del potere disciplinare nei confronti dei
propri membri. Esula
pertanto dalle funzioni del C.n.f. il ricorso il cui oggetto, un
incidente di esecuzione,
non rientra in alcuna delle tassative ipotesi previste dalla legge.
(C.N.F. 11 Giugno 1992,
n. 70 - Pres. RICCIARDI - Rel. LANDRISCINA - P.M. MORTONE (concl.
conf.)(Dichiara
inammissibile ricorso contro Consiglio Ordine Firenze, 26 gennaio 1989
e 8 ottobre 1989).
Gli atti
impugnabili avanti al Consiglio nazionale forense sono previsti in modo
tassativo e
riguardano esclusivamente le deliberazioni dei consigli dell'ordine.
(Nella specie è
stato ritenuto non impugnabile avanti il Consiglio nazionale forense un
certificato
rilasciato dal segretario del Consiglio dell'ordine).
(C.N.F. 4 LUGLIO 1995,
N. 69 - Pres. f.f. PANUCCIO - Rel. RUGGERINI - P.M. MARTONE (conf.)
(Dichiara
inammissibile ricorso avverso rifiuto del C.d.O. di Castrovillari a
rilasciare un
certificato di iscrizione nell'elenco dei praticanti procuratori
abilitati al patrocinio).
1-Nel caso in cui
la sanzione inflitta dal C.d.O. risulti essere adottata a seguito di
quattro distinti
addebiti e, in sede di gravame, il C.n.f. pronunci per due di questi il
proscioglimento
(sulla base della mancanza di prova dei fatti addebitati) e per uno
(dichiari la esigua
rilevanza in sede disciplinare), è obbligo dello stesso Consiglio
nazionale ridurre la
sanzione inflitta.
2-Nella
determinazione della sanzione da infliggere avverso il professionista
che abbia posto in
essere un comportamento disciplinarmente rilevante può tenersi conto
della particolare
grave situazione familiare in cui lo stesso si trovava. (Nella specie
la pena della
radiazione è stata sostituita con la sospensione per anni uno).
(C.N.F. - 11 LUGLIO
1996, N. 94 - Pres.
f.f. Panuccio - Rel. Casalinuovo - P.M. Iannelli (parz. conf.)
(Accoglie parzialmente il
ricorso avverso decisione C.d.O. di Milano, 10 ottobre 1994).
L'improcedibilità
dell'appello per mancata produzione di copia della sentenza impugnata
non trova
applicazione quando, al momento della decisione, se ne trovi comunque
allegata agli atti
una copia, sicchè il giudice dell'impugnazione sia in grado di avere
conoscenza della
pronuncia di primo grado, né è necessario che si tratti di copia
autentica quando la
controparte abbia mai contestato la corrispondenza al testo originale.
(C.N.F. 15 SETTEMBRE
1992, N. 99 - Pres.
RICCIARDI - Rel. CASALINUOVO - P.M. NICITA (concl. conf.) (Accoglie
ricorso contro
decisione Consiglio Ordine Monza, 4 marzo 1991).
La facoltà di
impugnare le decisioni degli Ordini forensi in materia disciplinare
spetta esclusivamente
all'interessato (cioè al professionista assoggettato a procedimento
disciplinare) ed al
Procuratore Generale presso la Corte d'Appello del distretto cui
appartiene il Consiglio
dell'Ordine interessato. Nella fattispecie il ricorso al Consiglio
nazionale forense
presentato da terzi privati cittadini è stato dichiarato inammissibile.
(C.N.F. 23 MAGGIO 1990,
n. 37 - Pres. GRANDE STEVENS - Rel. CAMASSA - P.M. JANNELLI (concl.
conf.) - Dichiara
inammissibile ricorso contro decisione Consiglio Ordine Cagliari, 16
marzo 1989).
È inammissibile
il ricorso al Consiglio nazionale forense per impugnazione di una
delibera del Consiglio
dell'Ordine proposto da persona diversa da quelle aventi legittimazione
attiva per legge.
(Nella specie il ricorso era anche fuori dei termini di legge ed era
stato depositato
inammissibilmente presso la Segreteria del Consiglio nazionale
forense).
(C.N.F. 27
Dicembre
1990, n. 130 - Pres. GRANDE STEVENS - Rel. VACIRCA - P.M. LEO
(concl. conf.) - Dichiara
inammissibile ricorso contro decisione Consiglio Ordine Lecce, 8
novembre 1989).
La legittimazione
a ricorrere al Consiglio nazionale forense avverso le decisioni dei
consigli dell'ordine
spetta soltanto al pubblico ministero ed al professionista interessato
e non, invece, al
denunziante, terzo privato cittadino, i cui interessi possono trovare
tutela attraverso
l'impugnativa del pubblico ministero.
(C.N.F. 30 SETTEMBRE
1995, N. 94 - Pres. f.f. PANUCCIO - Rel. ROSSI - P.M. MARTONE (conf.)
(Dichiara
inammissibile ricorso avverso decisione del C.d.O. di Lecce del 12
maggio 1994).
1-La legge
professionale non riconosce al denunziante alcuna facoltà di ricorrere
contro i
provvedimenti inflitti dal Consiglio dell'Ordine in sede disciplinare,
essendo tale
facoltà attribuita in via esclusiva al professionista interessato al
P.M.
2-Il ricorso al
Consiglio nazionale forense contro una decisione del Consiglio
dell'Ordine deve essere
presentato negli uffici del Consiglio dell'Ordine che ha emesso la
pronuncia impugnata. È
pertanto inammissibile il ricorso depositato direttamente al Consiglio
nazionale forense.
(C.N.F. 23 Luglio 1990,
n. 75 - Pres. GRANDE STEVENS. - Rel. VACIRCA - P.M. VALERI (concl.
conf.) (Dichiara
inammissibile ricorso contro decisione Consiglio Ordine Roma, 4 maggio
1989).
1-La facoltà di
proporre impugnazione avanti il Consiglio nazionale forense ovvero i
provvedimenti resi
dal Consiglio dell'Ordine in materia disciplinare spetta unicamente
all'interessato ed al
P.M. presso la competente Corte d'Appello. Va pertanto dichiarata
inammissibile il ricorso
al Consiglio nazionale forense presentato dal cliente dell'incolpato.
2-È altresì
inammissibile il ricorso al Consiglio nazionale forense che non abbia
ad oggetto un
provvedimento del Consiglio dell'Ordine che definisce un procedimento
disciplinare, ma un
semplice provvedimento di delibazione preliminare che abbia disposto
l'archiviazione per
mancanza di elementi in ordine a violazione di regole professionali.
Nella fattispecie il
ricorso era poi ulteriormente inammissibile perchè depositato oltre il
termine di venti
giorni previsto dall'art. 50 del r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578 e
perchè inoltrato
direttamente al Consiglio nazionale forense, anzichè depositato presso
il Consiglio
dell'Ordine che aveva emesso la pronuncia
(C.N.F. 31 Marzo 1990,
n. 23 - Pres. GRANDE STEVENS - Rel. PALMA - P.M. JANNELLI (concl.
conf.) - Dichiara
inammissibile ricorso contro decisione Consiglio Ordine Vicenza, 14
febbraio 1989).
La facoltà di
impugnare la decisione del Consiglio dell'Ordine in materia
disciplinare è concessa, ai
sensi dell'art. 50 della legge 22 gennaio 1934, n. 37, unicamente
all'interessato ed al
P.M. presso la Corte d'Appello. E per "interessato" deve intendersi,
senza
possibilità di dubbio, il solo professionista assoggettato a
procedimento disciplinare,
come si ricava dal terzo comma dello stesso articolo, ove si legge che
nel caso che abbia
ricorso il solo professionista, il Pubblico Ministero può proporre
ricorso incidentale
entro 15 giorni dalla scadenza del termine di cui al comma precedente.
art. 50 della
legge 22 gennaio 1934, n. 37
(C.N.F. 23 LUGLIO 1990,
n. 67 - Pres. LANDRISCINA - Rel. CARANCI - P.M. DETTORI (concl. conf.)
- Dichiara
inammissibile ricorso contro decisione Consiglio Messina, 10 giugno
1989)
La facoltà di
impugnare le decisioni dei consigli degli ordini forensi in materia
disciplinare spetta
esclusivamente all'interessato (cioè al professionista) ed al
procuratore generale presso
la Corte d'appello del distretto cui appartiene il Consiglio
dell'ordine interessato, non
certamente all'autore dell'esposto davanti al Consiglio dell'ordine.
Nella fattispecie il
ricorso al Consiglio nazionale forense presentato da terzi privati
cittadini è stato
dichiarato inammissibile.
(C.N.F. - 5 DICEMBRE
1994, N. 135 - Pres.
RICCIARDI - Rel. PASSINO - P.M. IANNELLI (conf.) (Dichiara
inammissibile ricorso avverso
decisione C.d.O. di Roma del 27 settembre 1993).
La facoltà di
impugnare le decisioni degli Ordini forensi in materia disciplinare
spetta esclusivamente
all'interessato (cioè al professionista) ed al Procuratore Generale
presso la Corte
d'Appello del distretto cui appartiene il Consiglio dell'Ordine
interessato, non
certamente all'autore dell'esposto davanti al Consiglio dell'Ordine,
dato che tale
soggetto può trovare tutela attraverso l'intervento del P.G. Nella
fattispecie il ricorso
al Consiglio Nazionale Forense presentato da terzi privati cittadini è
stato dichiarato
inammissibile.
(C.N.F. - 12 SETTEMBRE
1994 N. 76)
La facoltà di
impugnare le decisioni degli Ordini forensi in materia disciplinare,
spetta esclusivamente
all'interessato (cioè al professionista) ed al Procuratore Generale
presso la Corte
d'Appello del distretto cui appartiene il Consiglio dell'Ordine
interessato, non
certamente all'autore dell'esposto davanti al Consiglio dell'Ordine,
dato che tale
soggetto può trovare tutela attraverso l'intervento del P.G. Nella
fattispecie il ricorso
al Consiglio Nazionale Forense presentato da terzi privati cittadini è
stato dichiarato
inammissibile.
(C.N.F. - 12 SETTEMBRE
1994, N. 77)
2-Provvedimento
di archiviazione
1-La facoltà di
impugnare le decisioni degli ordini forensi in materia disciplinare
spetta esclusivamente
all'interessato (cioè al professionista) ed al Procuratore Generale
presso la Corte
d'Appello del distretto cui appartiene il Consiglio dell'Ordine
interessato.
2-Non è
ammissibile il ricorso avverso un provvedimento del Consiglio
dell'Ordine che abbia
deliberato l'archiviazione di una denunzia, non ritenendo la
sussistenza di presupposti
per l'esercizio dell'azione disciplinare.
A norma dell'art.
50 della legge 27 novembre 1933, n. 1578 la legittimazione a ricorrere
al Consiglio
nazionale forense avverso una decisione dei Consigli dell'Ordine spetta
soltanto al
Pubblico Ministero o all'interessato, vale a dire al professionista nei
cui confronti è
stata disposta - o si sarebbe potuta disporre - l'apertura del
procedimento disciplinare e
o, invece, al denunziante, i cui interessi possono - se del caso -
trovare tutela
attraverso l'impugnativa del Pubblico Ministero.
Ai sensi
dell'art. 50 della l. 27 novembre 1933 n. 1578, la legittimazione
attiva a ricorre al
C.N.F. avverso le decisione del C.d.O. spetta solo al professionista
iscritto e al P.M.
Non è, quindi, ammissibile il ricorso presentato da un terzo, sebbene
interessato alla
decisione.
(C.N.F.
18 SETTEMBRE 1995, N. 84 - Pres. f.f.
PANUCCIO - Rel. TIZZANI - P.M. IANNELLI (conf.) - (Dichiara
inammissibile il ricorso
avverso decisione del C.d.O. di Pordenone del 25 marzo 1994).
Secondo il
consolidato indirizzo giurisprudenziale del Consiglio nazionale forense
legittimati a
ricorrere avverso il provvedimento del Consiglio dell'Ordine locale
sono soltanto il P.M.
ed il professionista condannato e non già il ricorrente (art. 50 R.D.L.
1933, n. 1578).
(C.N.F. - 13 FEBBRAIO
1993, N. 14 - Pres. RICCIARDI - Rel. SANINO - P.M. NICITA (concl.
conf.) -
Inammissibilità del ricorso).
1.Il Consiglio
dell'Ordine che ha adottato il provvedimento in materia di tenuta degli
albi, avente
natura di atto amministrativo, è interessato alla sua conservazione ed
al riconoscimento
della legittimità dello stesso; è pertanto una delle "parti
interessate" che,
alla stregua del disposto dell'art. 59 del R.D. 22 gennaio 1934, n. 37,
ha titolo a
partecipare al provvedimento giudiziale avanti il Consiglio nazionale
forense.
2.L'art. 50 del
R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, stabilisce che contro la delibera del
Consiglio
dell'Ordine in materia disciplinare l'interessato ed il P.M. presso il
Tribunale possono
proporre ricorso al Consiglio nazionale forense entro venti giorni dal
ricevimento della
notificazione del provvedimento. Il ricorso proposto oltre i venti
giorni è pertanto
tardivo e deve essere dichiarato inammissibile.
3.Le decisioni
del Consiglio nazionale forense, ai sensi del disposto degli artt. 56,
quarto comma, del
R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, 51, terzo comma, e 64, secondo comma,
del R.D.L. 22
gennaio 1934, n. 37, sono esecutive dal momento della loro
pubblicazione (e dalla data
della notifica alle parti) e non è necessaria una loro integrazione con
la determinazione
della decorrenza del dies a quo della loro operatività da parte del
Consiglio
dell'ordine.
(C.N.F.
20 Maggio 1991, n. 97 - Pres. GRANDE
STEVENS - Rel. RICCIARDI - P.M. MARTONE (concl. conf.) Dichiara
inammissibile ricorso
contro decisione Consiglio Ordine Firenze, 18 gennaio 1990. Accoglie
ricorso contro
decisione Consiglio Ordine Firenze, 19 settembre 1990).
In tema di
procedimento disciplinare a carico di avvocati e procuratori, il
privato, che assumendo di
essere stato offeso dal comportamento del professionista, ne faccia
denuncia al Consiglio
dell'ordine, non e' legittimato, in quanto estraneo al rapporto
disciplinare intercorrente
tra il legale e l'Ordine, ad impugnare, con ricorso al Consiglio
Nazionale Forense, il
provvedimento emesso dal Consiglio dell'ordine e, pertanto, essendogli
precluso tale
procedimento d'impugnazione (che ha natura giurisdizionale), deve
rivolgersi al giudice
civile o penale per valere i propri interessi, lesi dal comportamento
anzidetto.
(Corte
Cassazione S.U. Sent. 12865 del 02/12/1992)
L'avvocato
che
intenda impugnare una decisione emessa dal Consiglio nazionale forense
nei propri
confronti, pur senza essere iscritto all'apposito albo dei patrocinanti
davanti alle
giurisdizioni superiori può sottoscrivere personalmente il ricorso e
partecipare alla
discussione orale davanti alla Suprema Corte: soltanto se intende
affidare la propria
difesa ad altro professionista, questi deve essere iscritto all'albo
speciale.
(C.N.F.
28 DICEMBRE 1992, N. 120 - Pres.
RICCIARDI - Rel. GAZZARA - P.M. NICITA (concl. conf.) (Accoglie ricorso
contro decisione
Consiglio Ordine Catania, 9 ottobre 1987).
L'impugnazione al
Consiglio nazionale forense di una decisione disciplinare emessa dal
Consiglio dell'Ordine
può essere proposta esclusivamente dal professionista interessato o dal
Pubblico
Ministero presso la Corte d'Appello restando esclusi da tale
legittimazione soggetti
diversi, quali i denuncianti.
(C.N.F. 27 LUGLIO 1992,
N. 91 - Pres.
RICCIARDI - Rel. PENNETTA - P.M. FEDELI (concl. conf.) (Dichiara
inammissibile ricorso
contro decisione Consiglio Ordine Messina, 31 gennaio 1991).
È inammissibile il
ricorso avverso la decisione del C.d.O. in materia disciplinare,
proposto oltre il termine
perentorio di 20 giorni stabilito dall'art. 50 r.d.l. n. 1578/33.
(C.N.F. - 19 SETTEMBRE
1996, N. 111 - Pres.
f.f. Panuccio - Rel. Rossi - P.M. Iannelli (conf.)(Dichiara
inammissibile il ricorso
avverso decisione C.d.O. di Busto Arsizio, 28 dicembre 1994).
Gli unici
legittimati all'impugnazione del provvedimento emanato dal Consiglio
dell'Ordine in
materia disciplinare sono l'interessato ed il Procuratore Generale.
Deve essere pertanto
dichiarato inammissibile il ricorso al Consiglio nazionale forense
presentato da chi aveva
avviato la procedura con esposto al Consiglio dell'Ordine.
(C.N.F. 19 APRILE 1991,
N. 52 - Pres.
GRANDE STEVENS - Rel. CARANCI - P.M. FEDELI (concl. conf.) (Dichiara
inammissibile ricorso
contro decisione Consiglio Ordine Roma, 26 luglio 1990).
La facoltà di
impugnare le decisioni degli ordini forensi in materia disciplinare
spetta esclusivamente
all'interessato (cioè al professionista) ed al procuratore generale
presso la corte
d'appello del distretto cui appartiene il Consiglio dell'ordine
interessato, non
certamente all'autore dell'esposto, dato che tale soggetto può trovare
tutela attraverso
l'intervento del P.G. Nella fattispecie il ricorso è stato presentato
direttamente al
Consiglio nazionale forense da terzi privati cittadini ed è stato
dichiarato
inammissibile.
(C.N.F.
- 15 DICEMBRE 1994, N. 166 - Pres.
RICCIARDI - Rel. BUCCICO - P.M. MARTONE (conf.) (Dichiara inammissibile
ricorso proposto
contro decisione C.d.O. di Roma del 6 dicembre 1993).
1-Ai sensi
dell'art. 50 r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578 la legittimazione attiva
a ricorrere al
C.N.F. avverso le decisioni del C.d.O. spetta solo al professionista
iscritto e al P.M.;
non è quindi ammissibile il ricorso presentato da un terzo, sebbene
interessato alla
decisione.
2-Deve essere
dichiarato inammissibile il ricorso presentato direttamente al C.N.F. e
non negli uffici
del C.d.O. che ha emesso la pronuncia avverso cui si ricorre (art. 39
r.d. n. 37/34).
(C.N.F. - 11 SETTEMBRE
1996, N. 100 - Pres.
f.f. Panuccio - Rel. Mazzarolli - P.M. Iannelli (conf.) (Dichiara
inammissibile il ricorso
avverso provvedimento di archiviazione del C.d.O. di Vibo Valentia, 25
novembre 1993).
A norma dell'art.
50 della legge 27 novembre 1933, n. 1578 la legittimazione a ricorrere
al Consiglio
nazionale forense avverso le decisioni dei Consigli dell'ordine (e
quindi anche avverso i
provvedimenti di archiviazione) spetta soltanto al professionista
iscritto ed al Pubblico
ministero, ricorrendone l'interesse; non è riconosciuto
dall'ordinamento facoltà di
impugnativa a favore di terzi, ancorchè denunzianti.
(C.N.F. 20 MARZO 1995,
N. 40 - Pres. f.f.
PANUCCIO - Rel. BUCCICO - P.M. MARTONE (conf.) - (Dichiara
inammissibile ricorso avverso
decisione del C.d.O. di Macerata del 9 marzo 1994).
Ai sensi dell'art.
50 R.D.L. 25 novembre 1933, n. 1578 i ricorsi al Consiglio nazionale
forense avverso i
provvedimenti disciplinari possono essere proposti solo dal P.M. presso
la Corte d'Appello
o dal professionista nei cui confronti sia stata irrogata una sanzione
disciplinare, e non
già dal privato che abbia presentato un esposto al Consiglio
dell'Ordine.
(C.N.F. - 18 MARZO
1993, N. 40 - Pres.
LANDRISCINA - Rel. SANINO - P.M. IANNELLI (concl. conf.) -
(Inammissibilità del ricorso)
Per l'art. 50 del
R.D.L. 1933, n. 1578 non è legittimato a proporre ricorso al Consiglio
nazionale forense
avverso le decisioni che definiscono il procedimento disciplinare il
privato che ha
presentato un esposto contro il professionista. La legittimazione
attiva al ricorso spetta
solo al Procuratore Generale presso la Corte d'Appello e al
professionista iscritto
all'Albo al quale sia stata irrogata la sanzione.
(C.N.F. 12 Maggio 1993,
n. 73 - Pres. f.f.
LANDRISCINA - rel. SANINO - P.M. IANNELLI (concl. conf.) - dichiara
inammissibile ricorso
contro decisione Consiglio Ordine Palermo, 14 maggio 1992).
Ai sensi dell'art.
5 del r.d.l. 1578/33, la legittimazione attiva a ricorrere al Consiglio
nazionale forense
avverso le decisioni del Consiglio dell'ordine spetta soltanto al
professionista iscritto
ed al pubblico ministero, ricorrendone l'interesse; non è, quindi,
ammissibile il ricorso
presentato da un terzo sebbene interessato alla decisione.
( C.N.F. n. 3 del
20-1-1996 )
Qualora il
Procuratore Generale presso la Corte di Appello impugnato la delibera
del Consiglio
dell'ordine e successivamente rinunzi all'impugnazione, è precluso al
Consiglio nazionale
forense ogni esame di fatto e di diritto sulla condotta
dell'interessato, oggetto della
delibera impugnata. Deve essere quindi dichiarato il non luogo a
deliberare per
intervenuta rinuncia.
(C.N.F. 26 GENNAIO
1989, N. 24 - Pres. LANDRISCINA - Rel. CAMASSA - P.M. MARTINELLI
(concl. conf.) - Ric.
Proc. Gen. presso Corte Appello Potenza
Qualora il
Procuratore Generale della Corte d'Appello abbia impugnato la delibera
del Consiglio
dell'Ordine, e lo stesso successivamente abbia dichiarato di rinunziare
al ricorso, il
Consiglio nazionale forense non può che prendere atto della
sopravvenuta carenza
d'interesse e dichiarare di conseguenza il non luogo a deliberare.
(C.N.F. 14 Luglio 1989,
n. 96 - Pres. LANDRISCINA - Rel. SANINO - P.M. JANNELLI (concl. conf.)
- Dichiara
inammissibile ricorso contro decisione Consiglio ordine Matera, 6
novembre 1987).
Qualora il
Procuratore Generale della Corte d'Appello abbia impugnato la delibera
del Consiglio
dell'Ordine e lo stesso successivamente abbia dichiarato di rinunciare
al ricorso, il
Consiglio nazionale forense non può che prendere atto della
sopravvenuta carenza
d'interesse e dichiarare di conseguenza il non luogo a deliberare.
(C.N.F. 20 Maggio 1989,
n. 80 - Pres. GRANDE STEVENS - Rel. VACIRCA - P.M. LEO (concl. conf.) -
Ric. Proc. Gen.
Corte Appello Bari. (Dichiara non luogo a deliberare su ricorso contro
decisione Consiglio
Ordine Lucera, 9 luglio-19 ottobre 1988).
Qualora in
seguito all'impugnazione interposta contro la delibera del Consiglio
dell'Ordine, lo
stesso ricorrente rinunzi, il Consiglio nazionale forense non può che
prendere atto della
sopravvenuta carenza d'interesse e dichiarare di conseguenza il non
luogo a deliberare.
(C.N.F. 18 Luglio 1989,
n. 104 - Pres. GRANDE STEVENS - Rel. LA VOLPE - P.M. DETTORI (concl.
conf.) - Dichiara non
luogo a deliberare su ricorso contro la decisione Consiglio Ordine
Milano, 5 dicembre
1988).
Qualora il
Procuratore Generale della Corte d'Appello abbia impugnato la delibera
del Consiglio
dell'Ordine e lo stesso successivamente abbia dichiarato di rinunciare
al ricorso, il
Consiglio nazionale forense non può che prendere atto della
sopravvenuta carenza
d'interessi e dichiarare di conseguenza il non luogo a deliberare.
(C.N.F. 20 Maggio 1989,
n. 82 - Pres. GRANDE STEVENS - Rel. CAMASSA - P.M. VALERI (concl.
conf.) - Ric. Proc. Gen.
Corte Appello Bari. (Dichiara non luogo a deliberare su ricorso contro
decisione Consiglio
Ordine Lucerna, 2 giugno 1988).
Qualora in
seguito all'impugnazione interposta contro la delibera del Consiglio
dell'Ordine, lo
stesso ricorrente deceda, il Consiglio nazionale forense non può che
prendere atto e
dichiarare di conseguenza il non luogo a deliberare.
(C.N.F. 18 Luglio 1989,
n. 105 - Pres. GRANDE STEVENS - Rel. PICCINI - P.M. LEO (concl. conf.)
- Dichiara non
luogo a deliberare su ricorso contro la decisione Consiglio Ordine
Palermo, 19 novembre
1985).
Qualora in
seguito all'impugnazione interposta contro la delibera del Consiglio
dell'Ordine, lo
stesso ricorrente rinunzi, il Consiglio nazionale forense non può che
prendere atto della
sopravvenuta carenza d'interesse e dichiarare di conseguenza il non
luogo a deliberare.
(C.N.F. 18 Luglio 1989,
n. 106 - Pres. GRANDE STEVENS - Rel. GRANDE STEVENS - P.M. DETTORI
(concl. conf.) -
Dichiara non luogo a deliberare su ricorso contro la decisione
Consiglio Ordine Lucca, 2
dicembre 1988).
Qualora il
Procuratore Generale presso la Corte d'Appello, che abbia interposto
impugnazione avanti
il Consiglio nazionale forense contro una delibera del Consiglio
dell'Ordine,
successivamente vi rinunci, il Consiglio nazionale forense non può che
prendere atto di
tale dichiarazione e deliberare il non luogo a procedere per cessazione
della materia del
contendere.
(C.N.F. 7
Ottobre
1989, n. 137 - Pres. GRANDE STEVENS - Rel. CARANCI - P.M. JANNELLI
(concl. conf.) - Ric.
Proc. Gen. presso Corte d'Appello Bari. (Dichiara non luogo a
deliberare su ricorso contro
decisione Consiglio ordine Lucera, 14 maggio 1988).
Qualora in
seguito all'impugnazione interposta contro la delibera del Consiglio
dell'Ordine, il
ricorrente deceda, il Consiglio nazionale forense non può che
dichiarare il non luogo a
deliberare.
(C.N.F. 18 Luglio 1989,
n. 108 - Pres. LANDRISCINA - Rel. LA VOLPE - P.M. LA VOLPE (concl.
conf.) - Dichiara non
luogo a deliberare su ricorso contro la decisione Consiglio Ordine
Parma, 11 novembre
1988).
Qualora il
Procuratore Generale della Corte d'Appello abbia impugnato la delibera
del Consiglio
dell'Ordine e lo stesso successivamente abbia dichiarato di rinunziare
al ricorso, il
Consiglio nazionale forense non può che prendere atto della
sopravvenuta carenza
d'interesse e dichiarare di conseguenza il non luogo a deliberare.
(C.N.F. 20 Luglio 1989,
n. 110 - Pres. LANDRISCINA - Rel. SICILIANO - P.M. JANNELLI (concl.
conf.) - Dichiara non
luogo a deliberare su ricorso contro decisione Consiglio Ordine Verona,
23 maggio 1988).
Qualora il
Procuratore Generale della Corte d'Appello abbia impugnato la delibera
del Consiglio
dell'Ordine e lo stesso successivamente abbia dichiarato di rinunziare
al ricorso, il
Consiglio nazionale forense non può che prendere atto della
sopravvenuta carenza
d'interesse e dichiarare di conseguenza il non luogo a deliberare.
(C.N.F. 20 Luglio 1989,
n. 110 - Pres. LANDRISCINA - Rel. SICILIANO - P.M. JANNELLI (concl.
conf.) - Dichiara non
luogo a deliberare su ricorso contro decisione Consiglio Ordine Verona,
23 maggio 1988).
In materia di
elezioni forensi, l'art. 6 d.lgs.lgt. 23 novembre 1944 n. 382,
stabilendo che contro i
risultati elettorali ciascun professionista può proporre reclamo alla
Commissione
centrale (ora Consiglio nazionale forense) entro dieci giorni dalla
proclamazione, prevede
un atto introduttivo del relativo procedimento - che ha natura
stragiudiziale - che
equivale, nella forma, ad un ricorso, con la conseguenza che soggiace
alla disciplina a
questo riservata dall'ordinamento processuale e può ritenersi
tempestivamente proposto
solo quando, nel termine suddetto, sia stato effettivamente depositato
o presentato al
giudice competente (nella specie il reclamo risultava spedito a mezzo
del servizio postale
e quindi pervenuto al Consiglio nazionale forense oltre dieci giorni
dalla proclamazione
degli eletti).
(C.N.F. - 5 DICEMBRE
1994, N. 128 - Pres.
RICCIARDI - rEL. PENNETTA - P.M. MARTONE (cpnf.) (Rigetta ricorso
avverso elezioni del
C.d.O. di Milano del 4 febbraio 1994, secondo turno).
La
dichiarazione
scritta con cui il professionista comunichi al C.N.F. che, a seguito di
successiva
delibera del Consiglio dell'ordine territoriale, il problema per cui lo
stesso ricorre
deve essere considerato superato, costituisce una formale rinuncia alla
trattazione del
ricorso proposto.
(C.N.F. 30 SETTEMBRE
1995, N. 98 - Pres.
f.f. PANUCCIO - Rel. ROSSI - P.M. MARTONE (conf.) (Dichiara cessata la
materia del
contendere in relazione al ricorso avverso decisione del C.d.O. di
Cagliari del 13 giugno
1994).
Qualora
il
Procuratore Generale della Corte d'Appello abbia impugnato la delibera
del Consiglio
dell'Ordine e lo stesso successivamente abbia dichiarato di rinunziare
al ricorso, il
Consiglio nazionale forense non può che prendere atto della
sopravvenuta carenza
d'interesse e dichiarare di conseguenza il non luogo a deliberare.
(C.N.F. 15 Giugno 1989,
n. 89 - Pres.
LANDRISCINA - Rel. SICILIANO - P.M. JANNELLI (concl. conf.) - Dichiara
non luogo a
deliberare su ricorso contro decisione Consiglio Ordine Verona, 23
maggio 1988).
La dichiarazione
scritta con cui il professionista comunichi al C.N.F. che, a seguito di
successiva
delibera del C.d.O. il problema per cui lo stesso ricorre deve essere
considerato
superato, costituisce una formale rinuncia alla trattazione del ricorso
proposto. Deve
dichiararsi pertanto cessata la materia del contendere.
(C.N.F. 28 FEBBRAIO
1996, N. 37 - Pres f.f.
BONAZZI - Rel. DE MAURO - P.M. NICITA (conf.) (Dichiara cessata la
materia del contendere
per rinuncia al ricorso avverso decisione C.d.O. di Ancona, 21 giugno
1995).
Qualora
il
Procuratore Generale presso la Corte d'Appello, che ha impugnato avanti
il Consiglio
nazionale forense la delibera resa dal Consiglio dell'Ordine,
successivamente inoltri
regolare atto di rinuncia all'impugnazione, è precluso ogni esame del
merito del ricorso
e deve essere dichiarato il non luogo a deliberare per sopravvenuta
rinuncia.
(C.N.F. 31 Marzo 1990,
n. 18 - Pres. GRANDE
STEVENS - Rel. CARANCI - P.M. JANNELLI (concl. conf.) Ric. Proc.
Generale Corte Appello
Bari. (Dichiara non luogo a deliberare su ricorso contro decisione
Ordine Lucera, 17
settembre/18 ottobre 1988).
Il ricorso al
Consiglio Nazionale forense, esplicitamente e risolutivamente
condizionato al verificarsi
di un evento futuro (iscrizione all'albo avvocati e procuratori del
C.O.), deve ritenersi
abbandonato e rinunciato, quando tale evento si sia verificato.
(C.N.F. 18 SETTEMBRE
1995, N. 85 - Pres.
f.f. e Rel. PANUCCIO - P.M. NICITA (conf.) (Rigetta il ricorso avverso
decisione del
C.d.O. di Salerno del 4 gennaio 1994).
L'atto
di rinuncia
alla impugnazione proposta, fatto pervenire al Consiglio nazionale
forense, da parte del
ricorrente, determina la declaratoria di non luogo a procedere perchè
cessata la materia
del contendere.
(C.N.F.
- 15 DICEMBRE 1994, N. 165 - Pres.
RICCIARDI - Rel. BUCCICO - P.M. MARTONE (conf.) (Dichiara cessata la
materia del
contendere, per rinuncia al ricorso).
Intervenuta la
rinuncia al ricorso il Consiglio nazionale forense dichiara il non
luogo a deliberare
perchè cessata la materia del contendere.
(C.N.F.
20 Maggio 1991, n. 88 - Pres. GRANDE STEVENS - Rel. RICCIARDI - P.M.
DETTORI (concl.
conf.) (Dichiara non luogo a deliberare su ricorso contro decisione
Consiglio Ordine Roma,
19 luglio 1988).
L'atto di
rinuncia alla impugnazione proposta, ritualmente comunicato e trasmesso
dal ricorrente,
determina la declaratoria di non luogo a procedere perchè cessata la
materia del
contendere.
(C.N.F. - decisione n.
122 del 6-11-1995)