Sentenza del Tribunale
di Torino 20 aprile 2000
(Il lucro del privato è solo
nella vendita)
Numero 28539/96 RG notizie di reato
numero 3594/99 RG tribunale
n. 1407 Reg Sent
data del deposito 5 maggio 2000
Tribunale ordinario di Torino
Sentenza
(Art. 544 e segg., 549 cpp)
Repubblica italiana
in nome del popolo italiano
il giudice in funzione monocratica
dott. Giorgio Zanetti sezione dibattimento alla udienza è il 20
aprile 2000 ha pronunciato e pubblicato mediante lettura del dispositivo
la seguente
sentenza
nei confronti di
Tizio nato a______ il_______ res ______
via __________ dom ex Art. 161 cpp in ______ via ________
libero presente
imputato
del reato di cui agli artt. 81 cpv
cp, 171 bis legge 633/41, perché l'esecuzione di un medesimo disegno
criminoso, traendo in inganno i dipendenti della ditta zzz cui era amministratore
unico, mettendo a disposizione i programmi per elaboratore in seguito indicati
(per il valore complessivo di circa lire 34 milioni) permetteva l'abusiva
duplicazione degli stessi a fini di lucro.
PhotoShop 3.0 (prod Adobe Sys), Photo
Styler (prod Adobe Sys), AutoCAD (prod Autodesk), Turbo C + + 4. 5, XTree
Goldfor Windows 4. 0 (prod Central Point), Corel Draw 5. 0 (prod Corel),
WinFax pro 3.0 (prod Delrina Tech), Multiedit 6. 0 (Eurpean Cyb), XTree
Gold 4. 0 (prod Executive Sys), Disk Copy 2.11 (prod. J. Feise), Italiana
Assistant (prod. Global Link) Organizer 1.0 (prod. Lotus) Organizer 1.1
(prod. Lotus) Quick EDM 3.13 Silver (prod. Maro snc) MathCad 5.0 (prod
Mathsoft), ABC Flowcharter (prod. Micrografx) Excel 5.0 (prod. Microsoft)
Project 3.0a (prod Microsoft) Microsoft Winword 6.0c (prod. Microsoft)
Publisher 1.0 (prod. Microsoft) Visual C++ 4.0 (prod. Microsoft) Office
4.3 Pro (prod. Microsoft) publisher 2.0 (prod. Microsoft), F-Prot Professional
2.21 (prod. Symbolic) Win rw 714 (prod Trend Micro Device)
in__________ tra aprile 1995 e ottobre
1996
Contestazione così modificata
ex Art. 516 cpp all'udienza del 26 gennaio 2000.
Con l'intervento del pubblico ministero
dott. Calice
e degli avvocati Claudio Morra e Roberto
Calleri entrambi difensori di fiducia
le parti hanno concluso come segue
pubblico ministero: assoluzione
difesa: assoluzione perché
il fatto non sussiste o perché non costituisce reato
Motivi della decisione
Tizio era tratto a giudizio per il
reato ex articolo 81 capo verso cp 171 bis legge 633/41 con decreto 26
gennaio 1999 della giudice per le indagini preliminari presso la pretura
circondariale di Torino ha seguito di dell'estiva opposizione, proposta
il 22 gennaio 1999 ha perso il decreto penale 10 novembre 1998 notificato
il successivo 7 gennaio 1999, con cui era stata irrogata al prevenuto,
per l'illecito in esame, la pena di lire 6.900.000 di multa, parzialmente
applicata in sostituzione di pena detentiva con la non menzione. Cosa indicava
successivamente, nei modi diritto, il nominativo di alcuni testi e di due
consulenti da esaminare su circostanze specificamente enunciate, chiedendo
autorizzarsene la citazione, assentita dall'ufficio. Al dibattimento presenziava
l'imputato ed era revocato l'opposto decreto penale. In sede di esposizione
introduttiva, previa integrazione del fascicolo dibatimentale mediante
inserzione del verbale di atti irripetibili, pubblico ministero si richiamava
alla contestazione e chiedeva l'esame dei soggetti indicati in lista non
che del prevenuto, offrendo le produzioni dettagliate a verbale. La difesa,
dal canto suo, e chiedeva anche essa l'esame del proprio assistito, riservandosi
il controesame dei soggetti ex adverso indicati e offrendo la documentazione
specificata a verbale. Ammesse le prove si procedeva, anzitutto, all'audizione
dei due consulenti del pubblico ministero ingegneri Porta Roberto Vinardi
Fabrizio, dopo il cui esame era acquisita la relazione scritta dai medesimi
stilata. Erano poi sentì di i testi d'accusa Primo, Secondo, Terzo,
Quarto, Quinto, Sesto e Settimo, tutti i dipendenti della ditta zzz. A
Primo, Secondo e Sesto era contestato il difforme tenore di dichiarazioni
rese durante le indagini preliminari di cui verbali erano acquisiti agli
atti da ultimo era ascoltato l'ulteriore teste di accusa Todesco Gianfranco
appartenente alla sezione polizia giudiziaria procura della Repubblica
e operante accertamenti sui fatti di causa a questo punto il pubblico ministero
provvedeva ex Art. 516 cpp a modificare la contestazione originaria conformemente
al tenore riportato in epigrafe, la Difesa chiedeva termine, spirato il
quale, non risultando avanzate istanze istruttorie di sorta, venivano indicati
alle parti gli elementi che sarebbero stati utilizzati per la decisione
e le si invitava alla discussione.
In esito al pubblico, orale dibattimento
uditi il pubblico ministero e i difensori che hanno concluso come in epigrafe
prescritto si osserva quanto segue.
L'ipotesi d'accusa non è stata
adeguatamente suffragata dall'istruttoria dipinta. La contestazione originaria
rilevata nei confronti del prevenuto si fondava su una ricostruzione dei
fatti i termini di immediata riconducibilità allo stesso dell'attività
di duplicazione a fini di lucro dei programmi dettagliati nel decreto dispositivo
del giudizio, siccome attuata dal tizio, se non materialmente, in forza
di sue direttive agli esecutori materiali. Per inciso, rappresenta dato
pacifico in causa, la veste di amministratore unico della zzz attribuita
all'odierno imputato nel decreto dispositivo del giudizio, veste sicuramente
compatibile con l'emanazione di ordini direttive nei confronti dei dipendenti.
Orbene, l'istruttoria svolta ha confermato che effettivamente, in ambito
aziendale, erano utilizzati programmi abusivamente duplicati. Al riguardo
basti, precipuamente, il tenore del verbale di sequestro inserito ab origine
nel fascicolo dibattimentale non che le dichiarazioni dei testi e quelle
dei consulenti della pubblica accusa, reiterative in questa sede di quanto
enunciato nella relazione scritta appositamente stilata e acquisita agli
atti. Risulta in particolare dalla verbale di sequestro e presso i locali
dell'impresa si rete via 1, fra l'altro, 140 floppy disk di varie capacità,
un CD-ROM, due altre liste numerose directory installate 13 personal computer.
Su tali supporti informatici venivano rinvenuti dai consulenti i programmi
dettagliati nella loro relazione scritta (con le precisazioni di cui alla
relazione aggiuntiva) per i quali impresa non fu in grado di esibire regolare
licenze o fattura d'acquisto. Taluni almeno di detti programmi risultarono,
sulla scorta dei dati estrapolabili, di frequente utilizzo e congrui rispetto
all'attività aziendale. Appare ovvio, alla luce della riscontrata
carenza di documentazione legittimante, che la disponibilità dei
programmi di cui si è detto derivava necessariamente da una duplicazione
non autorizzata dal titolare del relativo diritto. Sul piano oggettivo,
dunque, uno dei profili fattuali della contestazione risulta provato. Viceversa
non è stata provata in causa, nemmeno a seguito dell'audizione dei
numerosi dipendenti o ex dipendenti della zzz indicati come testi, una
diretta attivazione dell'imputato volta a pubblicare personalmente o a
disporre la duplicazione da parte dei sottoposti ovvero di terzi collaboratori
dei famosi programmi. . Non solo nessuno dei soggetti esaminati ha potuto
riferire di avere notato il prevenuto occuparsi direttamente di simili
incombenti o vero impartire istruzioni di sorta al riguardo, ma più
testi hanno dichiarato che in generale Tizio non si occupava affatto del
settore informatico latamente inteso, salvo non ricorressero peculiari
esigenze di approvvigionamento di supporti apprezzabilmente costose nel
qual caso lo si interpellava onde ottenere l'assenso alla spesa (cf stazione
quarto).
Osserva, d'altro canto, l'ufficio
che lo spessore non esiguo della compagine aziendale quale documentato
dalle produzioni delle parti e l'incarico di vertice dell'imputato rendevano
per sè poco probabile una sua personale ingerenza nella materiale
attività di duplicazione abusiva, mentre quanto all'emanazione di
direttive verbali in proposito (dovendosi ragionevolmente escludersi l'ipotesi
di direttive scritte) essa non sarebbe potuta sfuggire ai dipendenti esaminati
come testi e sforniti soprattutto quelli non più alle dipendenze
della zzz di qualsiasi plausibile movente per una falsa deposizione. Al
dibattimento è emersa, come si è visto, una situazione di
scarsa strutturazione del servizio relativo all'approvvigionamento del
materiale informatico sia l'uso dello stesso, tale per cui il personale
a volta interessato si rivolgeva come referenti ai colleghi o al diretto
superiore o all'ufficio acquisti; solo in casi eccezionali era coinvolto
Tizio mentre, circa l'uso di supporti informatici già esistenti
in ditta, i dipendenti avevano normalmente in dotazione dei PC ed era invalsa
la prassi di prelevare direttamente floppy disk sparpagliati i locali dell'impresa
o quant'altro necessitasse momentaneamente per il lavoro dei singoli, provvedendosi
talvolta personalmente all'installazione di particolari programmi sui cennati
PC (cfr. dep. Primo, Secondo, Terzo Quarto, Quinto).
Nessun controllo era operato in merito
quale installazione, da parte dei sottoposti, i programmi in loro possesso
su di supporti informatici sindacati mentre nei locali operavano dei consulenti
esterni i quali, a loro volta, ricavano plausibile mentre si con il materiale
di cui necessitavano e ivi lo utilizzavano seguendo, peraltro, anche di
supporti loro riservati dall'impresa (cf sul punto le circostanze di fatto
evidenziare nella relazione aggiuntiva dei consulenti del pubblico ministero,
in cui si fa menzione di una simile prassi, parzialmente accertata).
Sulla scorta dei costituti sunteggiati
appare per nulla inverosimile che il compendio incriminato fosse frutto
dell'operato di soggetti diversi dall'imputato e in assenza di specifiche
direttive al riguardo tizio. Ciò tanto più in quanto non
è stato acquisito un elemento tale da comprovare la finalità
di una successiva commercializzazione da parte della zzz, dei programmi
duplicati giacenti in azienda. Proprio in base a tali considerazioni della
pubblica accusa ha provveduto a modificare, in corso di dibattimento, la
contestazione originaria abbandonando l'impostazione iniziale che vedeva
nella novella, come si è detto, l'autore materiale delle abusive
duplicazione (o comunque il soggetto propulsore in forma diretta delle
medesime mediante dire che ordini ai dipendenti) e abbracciando viceversa
la ricostruzione dell'operato di costui in termini di maliziosa induzione
in errore dei dipendenti stessi tramite la messa a disposizione incontrollata
di programmi vari finalizzata proprio a promuovere una inconsapevole duplicazione
abusiva di programmi stessi da parte degli ignari sottoposti ( beninteso
nell'interesse aziendale) In tal modo va riguardata la menzione dell'articolo
48 cp nella contestazione modificata il cui tenore, d'altro canto, milita
inequivocabilmnete nel senso dianzi prospettao. Per quel che concerne la
mancata prova di una divisata da negoziazione "esterna" e i programmi abusivamente
duplicati, il pubblico ministero ha invece affermato come, a suo avviso,
il fini di lucro postulato dalla norma incriminatrice debba pur sempre
ravvisarsi laddove tale pubblicazione, benché non preordinata a
fini di commercializzazione a soggetti terzi, trovi motivo nel risparmio
di costi che ne consegue per il suo autore, ovviamente esonerato dall'acquisire
in forme legittime la disponibilità di sì fatti programmi.
Al riguardo la pubblica accusa ha evidenziato che nella specie programmi
oggetto della riscontrata duplicazione erano in larga misura utilizzabili
e\o utilizzati per l'attività aziendale, tanto che i propri consulenti
avevano quantificato un approssimativo risparmio di costi per quest'ultima,
pari a circa dire 30 milioni. Proprio in conseguenza di ciò sarebbe
ravvisabile lo scopo di lucro e al contempo apparirebbe suffragato il coinvolgimento
di Tizio quale unico soggetto che per la veste istituzionale aveva interesse
alla duplicazione illecita.
Orbene, ritiene il giudicante che
mentre possa recepirsi l'impostazione dell'accusa quanto al significato
della locuzione "scopo di lucro" non sia invece emersa come anticipato,
prova sufficiente della sussistenza in capo a Tizio del peculiare elemento
psichico necessario per l'integrazione della fattispecie siccome descritta
nel capo di imputazione con cui occorre confrontarsi.
Quanto alla prima problematica non
è in grado ritrarre un criterio ermeneutico di natura generale in
virtù del quale, nel nostro ordinamento lo scopo di lucro sia identificabile
sicuramente con la sola locupletazione immediata e non anche con il profitto
ritraibile da un risparmio di costi siccome ordinariamente finalizzato,
nell'ottica imprenditoriale, a diverse forme di investimento. Laddove i
fatti in discussione si verifichino in ambito imprenditoriale e comportino
un apprezzabile risparmio per l'imprenditore sembra disagevole affermare
che non sia soddisfatto il fisiologico scopo di lucro che informa l'attività
di quest'ultimo proprio in ragione dell'elemento unificante che caratterizza
la globale attività del soggetto che opera economicamente nelle
forme predette. Nè l'accezione lessicale del vocabolo "lucro" fornisce
la risposta caldeggiata dalla difesa.
Disattesa pertanto la più radicale
tisi difensiva va evidenziato, circa l'elemento psichico del reato in discussione,
che pur abbandonata l'impostazione originaria di un coinvolgimento, per
così dire, immediato tizio (coinvolgimento sicuramente indimostrato,
(come riconosciuto dallo stesso organo dell'accusa) occorrerebbe pur sempre
la prova di un dolo diretto e intenzionale del prevenuto orientato a apprestare
una situazione di fatto incentivante all'abusiva duplicazione da parte
dei sottoposti in buona fede. Il delitto in esame è in vero un reato
doloso, per di più a dolo specifico, per cui anche il soggetto che
inducendo in errore l' agente materiale abbia cagionato l'integrazione
del profilo obiettivo dell'illecito occorrerebbe individuare lo stesso
elemento psichico (cf cassazione penale sezione sesta 26 giugno 1996 n.
6389, 10 gennaio 1996 n. 607). E ciò si aggiunge, appare tanto più
significativo nel presente caso, dove l'induzione in errore sarebbe il
frutto come si è visto di una maliziosa condotta di preordinazione
da parte Tizio e non di quella mera, accettazione del rischio che caratterizza
il dolo eventuale. È ben vero che la prova dell'elemento psichico
del reato riguardante l'atteggiarsi del foro interno dell'agente è
una prova precipuamente logica; ma nella specie non sussistono elementi
univoci da cui ritrarre l'appagante convinzione che Tizio sapesse della
situazione (la quale, secondo l'impostazione accusatoria, sarebbe addirittura
stata frutto di una capziosa predisposizione da parte sua o comunque di
una sua callida tolleranza) e intendesse sfruttarla a proprio favore. Si
è già detto che la veste dell'imputato, le dimensioni dell'impresa
e la sua strutturazione erano tali da non poterne far discendere l'inevitabile
consapevolezza in capo al prevenuto della situazione esistente (disponibilità
dettagliata di programmi per uno duplicazione abusiva). Tale consapevolezza,
come si è visto, neanche potrebbe farsi derivare in via logica da
specifici interventi riguardo di cui non vi è prova. In sostanza
dovrebbe ricondursi alla sola inerzia dell'imputato nel disciplinare la
gestione del servizio di approvvigionamento e uso di supporti informatici
e al vantaggio (peraltro economicamente contenuto) derivante all'impresa
dall'utilizzo ad opera dei dipendenti di programmi abusivamente duplicati,
la prova circa l'originario perseguimento da parte di tizio degli scoppi
anzidetti. Siffatta ricostruzione appare però sfornita di adeguato
supporto sol che si consideri, ad esempio, come l'elemento indiziario rappresentato
dall'utilità per l'impresa discendente da risparmio di costi non
sia punto univoco. Anche altri soggetti, segnatamente il dipendenti e i
collaboratori esterni ben potevano ritrarre una personale utilità
dall' eventuale attività di duplicazione abusiva, non foss'altro
che per la razionalizzazione dei rispettivi lavori. Nè sembra che
deriva di rilievo a circostanza, già evidenziata, che non tutti
programmi abusivamente duplicati erano utilizzabili e/o utilizzati per
l'attività della zzz, potendo farsi discendere proprio da ciò
considerazioni sul piano logico circa l'estraneità della compagine
-e del suo amministratore- alle iniziative concernenti la duplicazione
abusiva ovvero a una consapevole tolleranza riguardo alla formazione di
un "archivio" di programmi duplicati.
Si badi, da ultimo, che la natura
comune e non propria del reato di cui si discute impedisce di addebitare
all'imputato una responsabilità penale derivante da una posizione
di garanzia in merito all'osservanza ad opera dei sottoposti della normativa
in materia e comunque laddove pur egli fosse stato onerato da una simile
responsabilità, l'omesso controllo non equivarrebbe per sé
solo ad una manifestazione di quel dolo intenzionale postulato dalla norma
incriminatrice.
In sostanza difettando prova adeguata
dell'elemento psichico dell'illecito in oggetto, Tizio va assolto ex articolo
530 comma secondo cpp perché il fatto non costituisce reato
PQM
visto l'articolo 530 cpp assolve l'imputato
dall'addebito ascrittogli perchè il fatto non costituisce reato
Torino 20 aprile 2000
il giudice
dott. Giorgio Gianetti
depositata in cancelleria il 5 maggio
2000
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