Titolo I
PROCEDIMENTO DAVANTI AL GIUDICE DI PACE
Capo I Soggetti, giurisdizione e competenza
Art. 1. Organi giudiziari nel procedimento penale
davanti al giudice di pace
1. Svolgono funzioni giudiziarie nel procedimento penale davanti al
giudice di pace: a) il procuratore della Repubblica presso il tribunale
nel cui circondario ha sede il giudice di pace; b) il giudice di pace.
Art. 2. Principi generali del procedimento davanti al
giudice di pace
1. Nel procedimento davanti al giudice di pace, per tutto ciò
che non è previsto dal presente decreto, si osservano, in quanto
applicabili, le norme contenute nel codice di procedura penale e nei
titoli I e II del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, ad
eccezione delle disposizioni relative: a) all'incidente probatorio; b)
all'arresto in flagranza e al fermo di indiziato di delitto; c) alle
misure cautelari personali; d) alla proroga del termine per le
indagini; e) all'udienza preliminare; f) al giudizio abbreviato; g)
all'applicazione della pena su richiesta; h) al giudizio direttissimo;
i) al giudizio immediato; l) al decreto penale di condanna.
2. Nel corso del procedimento, il giudice di pace deve favorire, per
quanto possibile, la conciliazione tra le parti.
Art. 3. Assunzione della
qualità di imputato
1. Nel procedimento davanti al giudice di pace, assume la
qualità di imputato la persona alla quale il reato è
attribuito nella citazione a giudizio disposta dalla polizia
giudiziaria o nel decreto di convocazione delle parti emesso dal
giudice di pace.
Art. 4. Competenza per materia
1. Il giudice di pace è competente: a) per i delitti consumati o
tentati previsti dagli articoli 581, 582, limitatamente alle
fattispecie di cui al secondo comma perseguibili a querela di parte,
590, limitatamente alle fattispecie perseguibili a querela di parte e
ad esclusione delle fattispecie connesse alla colpa professionale e dei
fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli
infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro o che abbiano
determinato una malattia professionale quando, nei casi anzidetti,
derivi una malattia di durata superiore a venti giorni, 593, primo e
secondo comma, 594, 595, primo e secondo comma, 612, primo comma, 626,
627, 631, salvo che ricorra l'ipotesi di cui all'articolo 639-bis, 632,
salvo che ricorra l'ipotesi di cui all'articolo 639-bis, 633, primo
comma, salvo che ricorra l'ipotesi di cui all'articolo 639-bis, 635,
primo comma, 636, salvo che ricorra l'ipotesi di cui all'articolo
639-bis, 637, 638, primo comma, 639 e 647 del codice penale; b) per le
contravvenzioni previste dagli articoli 689, 690, 691, 726, primo
comma, e 731 del codice penale.
2. Il giudice di pace è altresì competente per i delitti,
consumati o tentati, e per le contravvenzioni previsti dalle seguenti
disposizioni: a) articoli 25 e 62, terzo comma, del regio decreto 18
giugno 1931, n. 773, recante "Testo unico in materia di sicurezza";
b)articoli 1094, 1096 e 1119 del regio decreto 30 marzo 1942, n. 327,
recante "Approvazione del testo definitivo del codice della
navigazione"; c) articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica
4 agosto 1957, n. 918, recante "Approvazione del testo organico delle
norme sulla disciplina dei rifugi alpini"; d) articoli 102 e 106 del
decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, recante
"Testo unico delle leggi per l'elezione della Camera dei deputati"; e)
articolo 92 del decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960,
n. 570, recante "Testo unico delle leggi per la composizione e la
elezione degli organi delle amministrazioni comunali"; f) articolo 15,
secondo comma, della legge 28 novembre 1965, n. 1329, recante
"Provvedimenti per l'acquisto di nuove macchine utensili"; g) articolo
3 della legge 8 novembre 1991, n. 362, recante "Norme di riordino del
settore farmaceutico"; h) articolo 51 della legge 25 maggio 1970, n.
352, recante "Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla
iniziativa legislativa del popolo"; i) articoli 3, terzo e quarto
comma, 46, quarto comma e 65, terzo comma, del decreto del Presidente
della Repubblica 11 luglio 1980, n. 753, recante "Nuove norme in
materia di polizia, sicurezza e regolarità dell'esercizio delle
ferrovie e di altri servizi di trasporto"; l) articoli 18 e 20 della
legge 2 agosto 1982, n. 528, recante "Ordinamento del gioco del lotto e
misure per il personale del lotto"; m) articolo 17, comma 3, della
legge 4 maggio 1990, n. 107, recante "Disciplina per le attività
trasfusionali relative al sangue umano ed ai suoi componenti e per la
produzione di plasmaderivati"; n) articolo 15, comma 3, del decreto
legislativo 27 settembre 1991, n. 311, recante "Attuazione delle
direttive n. 87/404/CEE e n. 90/488/CEE in materia di recipienti
semplici a pressione, a norma dell'articolo 56 della legge 29 dicembre
1990, n. 428"; o) articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 27
settembre 1991, n. 313, recante "Attuazione della direttiva n.
88/378/CEE relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati
membri concernenti la sicurezza dei giocattoli, a norma dell'articolo
54 della legge 29 dicembre 1990, n. 428"; p) articolo 7, comma 9, del
decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 74, recante "Attuazione della
direttiva n. 84/450/CEE in materia di pubblicità ingannevole";
q) articoli 186, commi 2 e 6, 187, commi 4 e 5, e 189, comma 6, del
decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, recante "Nuovo codice della
strada"; r) articolo 10, comma 1, del decreto legislativo 14 dicembre
1992, n. 507, recante "Attuazione della direttiva n. 90/385/CEE
concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri
relative ai dispositivi medici impiantabili attivi"; s) articolo 23,
comma 2, del decreto legislativo 24 febbraio 1997, n. 46, recante
"Attuazione della direttiva n. 90/385/CEE concernente i dispositivi
medici".
3. La competenza per i reati di cui ai commi 1 e 2 è tuttavia
del tribunale se ricorre una o più delle circostanze previste
dagli articoli 1 del decreto-legge 15 dicembre 1979, n. 625,
convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1980, n. 15, 7
del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con
modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e 3 del
decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni,
dalla legge 25 giugno 1993, n. 205.
4. Rimane ferma la competenza del tribunale per i minorenni.
Art. 5. Competenza per territorio
Per i reati indicati nell'articolo 4, competente per il giudizio
è il giudice di pace del luogo in cui il reato è stato
consumato.
2. Competente per gli atti da compiere nella fase delle indagini
preliminari è il giudice di pace del luogo ove ha sede il
tribunale del circondario in cui è compreso il giudice
territorialmente competente.
Art. 6. Competenza per materia determinata dalla
connessione
1. Tra procedimenti di competenza del giudice di pace e procedimenti di
competenza di altro giudice, si ha connessione solo nel caso di persona
imputata di più reati commessi con una sola azione od omissione.
2. Se alcuni dei procedimenti connessi appartengono alla competenza del
giudice di pace e altri a quella della corte di assise o del tribunale,
è competente per tutti il giudice superiore.
3. La connessione non opera se non è possibile la riunione dei
processi, nè tra procedimenti di competenza del giudice di pace
e procedimenti di competenza di un giudice speciale.
Art. 7. Casi di connessione davanti al giudice di pace
1. Davanti al giudice di pace si ha connessione di procedimenti: a) se
il reato per cui si procede è stato commesso da più
persone in concorso o cooperazione fra loro; b) se una persona è
imputata di più reati commessi con una sola azione od omissione.
Art. 8. Competenza per territorio determinata dalla
connessione
1. Nei casi previsti dall'articolo 7, se i reati sono stati commessi in
luoghi diversi, la competenza per territorio appartiene per tutti al
giudice di pace del luogo in cui è stato commesso il primo
reato. Se non è possibile determinare in tal modo la competenza,
questa appartiene al giudice di pace del luogo in cui è iniziato
il primo dei procedimenti connessi.
Art. 9. Riunione e separazione dei processi
1. Nei casi previsti dall'articolo 7, prima di procedere all'udienza di
comparizione, il giudice di pace può ordinare la riunione dei
processi, quando questa non pregiudica la rapida definizione degli
stessi.
2. Anche fuori dei casi previsti dall'articolo 7, il giudice di pace
può ordinare la riunione dei processi quando i reati sono
commessi da più persone in danno reciproco le une delle altre o
quando più persone con condotte indipendenti hanno determinato
l'evento o quando una persona è imputata di più reati
commessi con più azioni od omissioni esecutive di un medesimo
disegno criminoso, ovvero ogni volta in cui ciò giovi alla
celerità e alla completezza dell'accertamento.
3. Prima di procedere all'udienza di comparizione e, comunque, non
oltre la dichiarazione di apertura del dibattimento, il giudice di pace
ordina la separazione dei processi, qualora ritenga che la riunione
possa pregiudicare il tentativo di conciliazione, ovvero la rapida
definizione di alcuni fra i processi riuniti.
Art. 10. Astensione e ricusazione del giudice di pace
1. Sulla dichiarazione di astensione del giudice di pace decide il
presidente del tribunale.
2. Sulla ricusazione del giudice di pace decide la Corte di appello.
3. Il giudice di pace astenuto o ricusato è sostituito con altro
giudice dello stesso ufficio designato secondo le leggi di ordinamento
giudiziario.
4. Qualora non sia possibile la sostituzione prevista dal comma 3, la
corte o il tribunale rimette il procedimento al giudice di pace
dell'ufficio più vicino.
Capo II Indagini preliminari
Art. 11. Attività di indagine
1. Acquisita la notizia di reato, la polizia giudiziaria compie di
propria iniziativa tutti gli atti di indagine necessari per la
ricostruzione del fatto e per l'individuazione del colpevole e ne
riferisce al pubblico ministero, con relazione scritta, entro il
termine di quattro mesi.
2. Se la notizia di reato risulta fondata, la polizia giudiziaria
enuncia nella relazione il fatto in forma chiara e precisa, con
l'indicazione degli articoli di legge che si assumono violati, e
richiede l'autorizzazione a disporre la comparizione della persona
sottoposta ad indagini davanti al giudice di pace.
3. Con la relazione, la polizia giudiziaria indica il giorno e l'ora in
cui ha acquisito la notizia.
Art. 12. Notizie di reato ricevute dal pubblico ministero
1. Salvo che ritenga di richiedere l'archiviazione, il pubblico
ministero se prende direttamente notizia di un reato di competenza del
giudice di pace ovvero la riceve da privati o da pubblici ufficiali o
incaricati di un pubblico servizio, la trasmette alla polizia
giudiziaria, perché proceda ai sensi dell'articolo 11,
impartendo, se necessario, le direttive. Il pubblico ministero, se non
ritiene necessari atti di indagine, formula l'imputazione e autorizza
la polizia giudiziaria alla citazione a giudizio dell'imputato.
Art. 13. Autorizzazione del pubblico
ministero al compimento di atti
1. La polizia giudiziaria può richiedere al pubblico ministero
l'autorizzazione al compimento di accertamenti tecnici irripetibili
ovvero di interrogatori o di confronti cui partecipi la persona
sottoposta alle indagini. Il pubblico ministero, se non ritiene di
svolgere personalmente le indagini o singoli atti, può
autorizzare la polizia giudiziaria al compimento degli atti richiesti.
Allo stesso modo provvede se viene richiesta l'autorizzazione al
compimento di perquisizioni e sequestri nei casi in cui la polizia
giudiziaria non può procedervi di propria iniziativa.
Art. 14. Iscrizione della notizia di
reato
1. Il pubblico ministero provvede all'iscrizione della notizia di reato
a seguito della trasmissione della relazione di cui all'articolo 11,
ovvero anche prima di aver ricevuto la relazione fin dal primo atto di
indagine svolto personalmente.
Art. 15. Chiusura delle indagini preliminari
1. Ricevuta la relazione di cui all'articolo 11, il pubblico ministero,
se non richiede l'archiviazione, esercita l'azione penale, formulando
l'imputazione e autorizzando la citazione dell'imputato.
2. Se ritiene necessarie ulteriori indagini, il pubblico ministero vi
provvede personalmente ovvero si avvale della polizia giudiziaria,
impartendo direttive o delegando il compimento di specifici atti.
Art. 16. Durata
delle indagini preliminari
1. Il termine per la chiusura delle indagini preliminari è di
quattro mesi dall'iscrizione della notizia di reato.
2. Nei casi di particolare complessità, il pubblico ministero
dispone, con provvedimento motivato, la prosecuzione delle indagini
preliminari per un periodo di tempo non superiore a due mesi. Il
provvedimento è immediatamente comunicato al giudice di pace di
cui all'articolo 5, comma 2, che se non ritiene sussistenti, in tutto o
in parte, le ragioni rappresentate dal pubblico ministero, entro cinque
giorni dalla comunicazione, dichiara la chiusura delle indagini ovvero
riduce il termine indicato.
3. Gli atti di indagine compiuti dopo la scadenza dei termini indicati
nei commi 1 e 2 non possono essere utilizzati.
Art. 17. Archiviazione
1. Il pubblico ministero presenta al giudice di pace richiesta di
archiviazione quando la notizia di reato è infondata,
nonchè nei casi previsti dagli articoli 411 del codice di
procedura penale e 125 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271,
nonchè dall'articolo 34, commi 1 e 2 del presente decreto. Con
la richiesta è trasmesso il fascicolo contenente la notizia di
reato, la documentazione relativa alle indagini espletate e i verbali
compiuti davanti al giudice.
2. Copia della richiesta è notificata alla persona offesa che
nella notizia di reato o successivamente alla sua presentazione abbia
dichiarato di volere essere informata circa l'eventuale archiviazione.
Nella richiesta è altresì precisato che nel termine di
dieci giorni la persona offesa può prendere visione degli atti e
presentare richiesta motivata di prosecuzione delle indagini
preliminari. Con l'opposizione alla richiesta di archiviazione la
persona offesa indica, a pena di inammissibilità, gli elementi
di prova che giustificano il rigetto della richiesta o le ulteriori
indagini necessarie.
3. Il pubblico ministero provvede sempre a norma del comma 2, nei casi
in cui la richiesta di archiviazione è successiva alla
trasmissione del ricorso ai sensi dell'articolo 26, comma 2.
4. Il giudice, se accoglie la richiesta, dispone con decreto
l'archiviazione, altrimenti restituisce, con ordinanza, gli atti al
pubblico ministero indicando le ulteriori indagini necessarie e
fissando il termine indispensabile per il loro compimento ovvero
disponendo che entro dieci giorni il pubblico ministero formuli
l'imputazione.
5. Quando è ignoto l'autore del reato si osservano le
disposizioni di cui all'articolo 415 del codice di procedura penale.
Art. 18. Assunzione di prove non rinviabili
1. Fino all'udienza di comparizione, il giudice di pace dispone, a
richiesta di parte, l'assunzione delle prove non rinviabili, osservando
le forme previste per il dibattimento. Si applicano le disposizioni
previste dall'articolo 467, commi 2 e 3, del codice di procedura
penale.
Art. 19. Provvedimenti del giudice nel corso delle
indagini
1. Nel corso delle indagini e fino al deposito dell'atto di citazione a
norma dell'articolo 29, comma 1, competente a disporre il sequestro
preventivo e conservativo è il giudice di pace indicato
nell'articolo 5, comma 2.
2. Il giudice di cui al comma 1 decide anche sulla richiesta di
archiviazione, sull'opposizione di cui all'articolo 263, comma 5, del
codice di procedura penale, sulla richiesta di sequestro di cui
all'articolo 368 del medesimo codice, nonchè sulla richiesta di
riapertura delle indagini. Lo stesso giudice è altresì
competente a decidere sulla richiesta di autorizzazione a disporre le
operazioni di intercettazione di conversazioni o comunicazioni
telefoniche, di comunicazioni informatiche o telematiche ovvero di
altre forme di telecomunicazione, nonchè per i successivi
provvedimenti riguardanti l'esecuzione delle operazioni e la
conservazione della documentazione.
Capo III Citazione a giudizio
Art. 20. Citazione a giudizio disposta dalla polizia
giudiziaria
1. La polizia giudiziaria, sulla base dell'imputazione formulata dal
pubblico ministero, cita l'imputato dinanzi al giudice di pace. 2. La
citazione contiene: a) le generalità dell'imputato e le altre
indicazioni personali che valgono ad identificarlo; b) l'indicazione
della persona offesa, qualora risulti identificata; c) l'imputazione
formulata dal pubblico ministero e l'indicazione delle fonti di prova
di cui si chiede l'ammissione. Se viene chiesto l'esame di testimoni o
consulenti tecnici, nell'atto devono essere indicate, a pena di
inammissibilità, le circostanze su cui deve vertere l'esame; d)
l'indicazione del giudice competente per il giudizio, nonchè del
luogo, del giorno e dell'ora della comparizione, con l'avvertimento
all'imputato che non comparendo sarà giudicato in contumacia; e)
l'avviso che l'imputato ha facoltà di nominare un difensore di
fiducia e che, in mancanza, sarà assistito da difensore di
ufficio; f) l'avviso che il fascicolo relativo alle indagini
preliminariè depositato presso la segreteria del pubblico
ministero e che le parti e loro difensori hanno facoltà di
prenderne visione e di estrarne copia.
3. La citazione è notificata, a cura della polizia giudiziaria,
all'imputato, al suo difensore e alla parte offesa almeno trenta giorni
prima dell'udienza.
4. La citazione deve essere sottoscritta, a pena di nullità, da
un ufficiale di polizia giudiziaria.
5. La citazione a giudizio è depositata nella segreteria del
pubblico ministero unitamente al fascicolo contenente la documentazione
relativa alle indagini espletate, il corpo del reato e le cose
pertinenti al reato, qualora non debbano essere custoditi altrove.
6. La citazione è nulla se l'imputato non è identificato
in modo certo ovvero se manca o è insufficiente l'indicazione di
uno dei requisiti previsti dal comma 2, lettere c), d) ed e).
Art. 21. Ricorso
immediato al giudice
1. Per i reati procedibili a querela è ammessa la citazione a
giudizio dinanzi al giudice di pace della persona alla quale il reato
è attribuito su ricorso della persona offesa.
2. Il ricorso deve contenere: a) l'indicazione del giudice; b) le
generalità del ricorrente e, se si tratta di persona giuridica o
di associazione non riconosciuta, la denominazione dell'ente, con
l'indicazione del legale rappresentante; c) l'indicazione del difensore
del ricorrente e la relativa nomina; d) l'indicazione delle altre
persone offese dal medesimo reato delle quali il ricorrente conosca
l'identità; a) le generalità della persona citata a
giudizio; f) la descrizione, in forma chiara e precisa, del fatto che
si addebita alla persona citata a giudizio, con l'indicazione degli
articoli di legge che si assumono violati; g) i documenti di cui si
chiede l'acquisizione; h) l'indicazione delle fonti di prova a sostegno
della richiesta, nonchè delle circostanze su cui deve vertere
l'esame dei testimoni e dei consulenti tecnici; i) la richiesta di
fissazione dell'udienza per procedere nei confronti delle persone
citate a giudizio.
3. Il ricorso deve essere sottoscritto dalla persona offesa o dal suo
legale rappresentante e dal difensore. La sottoscrizione della persona
offesa è autenticata dal difensore.
4. Nei casi previsti dagli articoli 120, secondo e terzo comma, e 121
del codice penale, il ricorso è sottoscritto, a seconda dei
casi, dal genitore, dal tutore o dal curatore ovvero dal curatore
speciale. Si osservano le disposizioni di cui all'articolo 338 del
codice di procedura penale.
5. La presentazione del ricorso produce gli stessi effetti della
presentazione della querela.
Art. 22.
Presentazione del ricorso
1. Il ricorso, previamente comunicato al pubblico ministero mediante
deposito di copia presso la sua segreteria, è presentato, a cura
del ricorrente, con la prova dell'avvenuta comunicazione, nella
cancelleria del giudice di pace competente per territorio nel termine
di tre mesi dalla notizia del fatto che costituisce reato.
2. Se per il medesimo fatto la persona offesa ha già presentato
querela, deve farne menzione nel ricorso, allegandone copia e
depositando altra copia presso la segreteria del pubblico ministero.
3. Nel caso previsto dal comma 2, il giudice di pace dispone
l'acquisizione della querela in originale.
4. Quando si procede in seguito a ricorso sono inapplicabili le diverse
disposizioni che regolano la procedura ordinaria.
Art.
23. Costituzione di parte civile
1. La costituzione di parte civile deve avvenire, a pena di decadenza,
con la presentazione del ricorso. La richiesta motivata di restituzione
o di risarcimento del danno contenuta nel ricorso è equiparata a
tutti gli effetti alla costituzione di parte civile.
Art.
24. Inammissibilità del ricorso
1. Il ricorso è inammissibile: a) se è presentato oltre
il termine indicato dall'articolo 22, comma 1; b) se risulta presentato
fuori dei casi previsti; c) se non contiene i requisiti indicati
nell'articolo 21, comma 2, ovvero non risulta sottoscritto a norma dei
commi 3 e 4 del medesimo articolo; d) se è insufficiente la
descrizione del fatto o l'indicazione delle fonti di prova; e) se manca
la prova dell'avvenuta comunicazione al pubblico ministero.
Art. 25.
Richieste del pubblico ministero
1. Entro dieci giorni dalla comunicazione del
ricorso il pubblico ministero presenta le sue richieste nella
cancelleria del giudice di pace.
2. Se ritiene il ricorso inammissibile o manifestamente infondato,
ovvero presentato dinanzi ad un giudice di pace incompetente per
territorio, il pubblico ministero esprime parere contrario alla
citazione altrimenti formula l'imputazione confermando o modificando
l'addebito contenuto nel ricorso.
Art. 26. Provvedimenti del giudice di pace
1. Decorso il termine indicato nell'articolo 25, il giudice di pace,
anche se il pubblico ministero non ha presentato richieste, provvede a
norma dei commi 2, 3 e 4.
2. Se ritiene il ricorso inammissibile o manifestamente infondato, il
giudice di pace ne dispone la trasmissione al pubblico ministero per
l'ulteriore corso del procedimento.
3. Se il ricorso risulta presentato per un reato che appartiene alla
competenza di altro giudice, il giudice di pace ne dispone, con
ordinanza, la trasmissione al pubblico ministero.
4. Se riconosce la propria incompetenza per territorio, il giudice di
pace la dichiara con ordinanza e restituisce gli atti al ricorrente
che, nel termine di venti giorni, ha facoltà di reiterare il
ricorso davanti al giudice competente. L'inosservanza del termine
è causa di inammissibilità del ricorso.
Art. 27. Decreto di convocazione delle parti
1. Se non deve provvedere ai sensi dell'articolo 26, il giudice di
pace, entro venti giorni dal deposito del ricorso, convoca le parti in
udienza con decreto.
2. Tra il giorno del deposito del ricorso e l'udienza non devono
intercorrere più di novanta giorni.
3. Il decreto contiene: a) l'indicazione del giudice che procede,
nonchè del luogo, del giorno e dell'ora della comparizione; b)
le generalità della persona nei cui confronti è stato
presentato il ricorso, con l'invito a comparire e l'avvertimento che
non comparendo sarà giudicato in contumacia; c)l'avviso che ha
facoltà di nominare un difensore di fiducia e che, in mancanza,
sarà assistito dal difensore di ufficio nominato nel decreto; d)
la trascrizione dell'imputazione; e) la data e la sottoscrizione del
giudice e dell'ausiliario che l'assiste.
4. Il decreto, unitamente al ricorso, è notificato, a cura del
ricorrente, al pubblico ministero, alla persona citata in giudizio e al
suo difensore almeno venti giorni prima dell'udienza. Entro lo stesso
termine il ricorrente notifica il decreto alle altre persone offese di
cui conosca l'identità.
5. La convocazione è nulla se l'imputato non è
identificato in modo certo ovvero se manca o è insufficiente
l'indicazione di uno dei requisiti previsti dal comma 3, lettere a),
b), c) e d).
Art. 28. Pluralità di persone offese
1. Il ricorso presentato da una fra più persone offese non
impedisce alle altre di intervenire nel processo, con l'assistenza di
un difensore e con gli stessi diritti che spettano al ricorrente
principale.
2. Le persone offese intervenute possono costituirsi parte civile prima
della dichiarazione di apertura del dibattimento.
3. La mancata comparizione delle persone offese, alle quali il decreto
sia stato regolarmente notificato ai sensi dell'articolo 27, comma 4,
equivale a rinuncia al diritto di querela ovvero alla remissione della
querela, qualora sia stata già presentata.
Capo IV Giudizio
Art. 29. Udienza di comparizione
1. Almeno sette giorni prima della data fissata per l'udienza di
comparizione, il pubblico ministero o la persona offesa nel caso
previsto dall'articolo 21, depositano nella cancelleria del giudice di
pace l'atto di citazione a giudizio con le relative notifiche.
2. Fuori dei casi previsti dagli articoli 20 e 21, le parti che
intendono chiedere l'esame dei testimoni, periti o consulenti tecnici
nonchè delle persone indicate nell'articolo 210 del codice di
procedura penale, devono, a pena di inammissibilità, almeno
sette giorni prima della data fissata per l'udienza di comparizione,
depositare in cancelleria le liste con l'indicazione delle circostanze
su cui deve vertere l'esame.
3. Nei casi in cui occorre rinnovare la convocazione o la citazione a
giudizio ovvero le relative notificazioni, vi provvede il giudice di
pace, anche d'ufficio.
4. Il giudice, quando il reato è perseguibile a querela,
promuove la conciliazione tra le parti. In tal caso, qualora sia utile
per favorire la conciliazione, il giudice può rinviare l'udienza
per un periodo non superiore a due mesi e, ove occorra, può
avvalersi anche dell'attività di mediazione di centri e
strutture pubbliche o private presenti sul territorio. In ogni caso, le
dichiarazioni rese dalle parti nel corso dell'attività di
conciliazione non possono essere in alcun modo utilizzate ai fini della
deliberazione.
5. In caso di conciliazione è redatto processo verbale
attestante la remissione di querela o la rinuncia al ricorso di cui
all'articolo 21 e la relativa accettazione. La rinuncia al ricorso
produce gli stessi effetti della remissione della querela.
6. Prima della dichiarazione di apertura del dibattimento l'imputato
può presentare domanda di oblazione.
7. Dopo la dichiarazione di apertura del dibattimento, se può
procedersi immediatamente al giudizio, il giudice ammette le prove
richieste escludendo quelle vietate dalla legge, superflue o
irrilevanti e invita le parti ad indicare gli atti da inserire nel
fascicolo per il dibattimento, provvedendo a norma dell'articolo 431
del codice di procedura penale. Le parti possono concordare
l'acquisizione al fascicolo del dibattimento di atti contenuti nel
fascicolo del pubblico ministero, della documentazione relativa
all'attività di investigazione difensiva, nonchè della
documentazione allegata al ricorso di cui all'articolo 21.
8. Se occorre fissare altra udienza per il giudizio, il giudice
autorizza ciascuna parte alla citazione dei propri testimoni o
consulenti tecnici, escludendo le testimonianze vietate dalla legge e
quelle manifestamente sovrabbondanti. La parte che omette la citazione
decade dalla prova.
Art. 30. Udienza di comparizione a seguito di ricorso al
giudice da parte della persona offesa
1. La mancata comparizione all'udienza del ricorrente o del suo
procuratore speciale non dovuta ad impossibilità a comparire per
caso fortuito o forza maggiore determina l'improcedibilità del
ricorso, salvo che l'imputato o la persona offesa intervenuta e che
abbia presentato querela chieda che si proceda al giudizio.
2. Con l'ordinanza con cui dichiara l'improcedibilità del
ricorso ai sensi del comma 1, il giudice di pace condanna il ricorrente
alla rifusione delle spese processuali, nonchè al risarcimento
dei danni in favore della persona citata in giudizio che ne abbia fatto
domanda.
3. Se il reato contestato nell'imputazione non rientra tra quelli per
cui è ammessa la citazione a giudizio su istanza della persona
offesa, il giudice di pace trasmette gli atti al pubblico ministero,
salvo che l'imputato chieda che si proceda ugualmente al giudizio.
Art. 31. Fissazione di nuova udienza a seguito di
impossibilità a comparire
1. In caso di dichiarazione di improcedibilità ai sensi
dell'articolo 30, comma 1, il ricorrente può presentare istanza
di fissazione di nuova udienza se prova che la mancata comparizione
è stata dovuta a caso fortuito o a forza maggiore.
2. L'istanza è presentata al giudice di pace entro dieci giorni
dalla cessazione del fatto costituente caso fortuito o forza maggiore.
Il termine è stabilito a pena di decadenza.
3. Se accoglie l'istanza, il giudice di pace convoca le parti per una
nuova udienza ai sensi dell'articolo 27, invitando il ricorrente a
provvedere alle notifiche a norma del comma 4 dello stesso articolo.
4. Contro il decreto motivato che respinge la richiesta di fissazione
di nuova udienza può essere proposto ricorso al tribunale in
composizione monocratica, che decide con ordinanza inoppugnabile.
Art. 32. Dibattimento
1. Sull'accordo delle parti, l'esame dei testimoni, dei periti, dei
consulenti tecnici e delle parti private può essere condotto dal
giudice sulla base delle domande e delle contestazioni proposte dal
pubblico ministero e dai difensori.
2. Terminata l'acquisizione delle prove, il giudice, se risulta
assolutamente necessario, può disporre anche d'ufficio
l'assunzione di nuovi mezzi di prova, compresi quelli relativi agli
atti acquisiti a norma dell'articolo 29, comma 7.
3. Il verbale d'udienza, di regola, è redatto solo in forma
riassuntiva.
4. La motivazione della sentenza è redatta dal giudice in forma
abbreviata e depositata nel termine di quindici giorni dalla lettura
del dispositivo. Il giudice può dettare la motivazione
direttamente a verbale.
5. In caso di impedimento del giudice la sentenza è sottoscritta
dal presidente del tribunale, previa menzione della causa di
sostituzione.
Art. 33. Sentenza di condanna alla pena della permanenza
domiciliare
1. Subito dopo la pronuncia della sentenza di condanna alla pena della
permanenza domiciliare, l'imputato o il difensore munito di procura
speciale possono chiedere l'esecuzione continuativa della pena.
2. Il giudice, se ritiene di poter applicare in luogo della permanenza
domiciliare la pena del lavoro di pubblica utilità, indica nella
sentenza il tipo e la durata del lavoro di pubblica utilità che
può essere richiesto dall'imputato o dal difensore munito di
procura speciale.
3. Nel caso in cui l'imputato o il difensore formulino le richieste di
cui ai commi 1 e 2, il giudice può fissare una nuova udienza a
distanza di non più di dieci giorni, sempre che sussistano
giustificati motivi.
4. Acquisite le richieste, il giudice integra il dispositivo della
sentenza e ne dà lettura.
Capo V Definizioni alternative del
procedimento
Art. 34. Esclusione della procedibilità nei casi
di particolare tenuità del fatto
1. Il fatto è di particolare tenuità quando, rispetto
all'interesse tutelato, l'esiguità del danno o del pericolo che
ne è derivato, nonchè la sua occasionalità e il
grado della colpevolezza non giustificano l'esercizio dell'azione
penale, tenuto conto altresì del pregiudizio che l'ulteriore
corso del procedimento può recare alle esigenze di lavoro, di
studio, di famiglia o di salute della persona sottoposta ad indagini o
dell'imputato.
2. Nel corso delle indagini preliminari, il giudice dichiara con
decreto d'archiviazione non doversi procedere per la particolare
tenuità del fatto, solo se non risulta un interesse della
persona offesa alla prosecuzione del procedimento.
3. Se è stata esercitata l'azione penale, la particolare
tenuità del fatto può essere dichiarata con sentenza solo
se l'imputato e la persona offesa non si oppongono.
Art. 35. Estinzione del reato conseguente a condotte
riparatorie
1. Il giudice di pace, sentite le parti e l'eventuale persona offesa,
dichiara con sentenza estinto il reato, enunciandone la causa nel
dispositivo, quando l'imputato dimostra di aver proceduto, prima
dell'udienza di comparizione, alla riparazione del danno cagionato dal
reato, mediante le restituzioni o il risarcimento, e di aver eliminato
le conseguenze dannose o pericolose del reato.
2. Il giudice di pace pronuncia la sentenza di estinzione del reato di
cui al comma 1, solo se ritiene le attività risarcitorie e
riparatorie idonee a soddisfare le esigenze di riprovazione del reato e
quelle di prevenzione.
3. Il giudice di pace può disporre la sospensione del processo,
per un periodo non superiore a tre mesi, se l'imputato chiede
nell'udienza di comparizione di poter provvedere agli adempimenti di
cui al comma 1 e dimostri di non averlo potuto fare in precedenza; in
tal caso, il giudice può imporre specifiche prescrizioni.
4. Con l'ordinanza di sospensione, il giudice incarica un ufficiale di
polizia giudiziaria o un operatore di servizio sociale dell'ente locale
di verificare l'effettivo svolgimento delle attività
risarcitorie e riparatorie, fissando nuova udienza ad una data
successiva al termine del periodo di sospensione.
5. Qualora accerti che le attività risarcitorie o riparatorie
abbiano avuto esecuzione, il giudice, sentite le parti e l'eventuale
persona offesa, dichiara con sentenza estinto il reato enunciandone la
causa nel dispositivo.
6. Quando non provvede ai sensi dei commi 1 e 5, il giudice dispone la
prosecuzione del procedimento.
Capo VI Disposizioni sulle impugnazioni
Art. 36. Impugnazione del pubblico ministero
1. Il pubblico ministero può proporre appello contro le sentenze
di condanna del giudice di pace che applicano una pena diversa da
quella pecuniaria e contro le sentenze di proscioglimento per reati
puniti con pena alternativa.
2. Il pubblico ministero può proporre ricorso per cassazione
contro le sentenze del giudice di pace.
Art. 37. Impugnazione dell'imputato
1. L'imputato può proporre appello contro le sentenze di
condanna del giudice di pace che applicano una pena diversa da quella
pecuniaria; può proporre appello anche contro le sentenze che
applicano la pena pecuniaria se impugna il capo relativo alla condanna,
anche generica, al risarcimento del danno.
2. L'imputato può proporre ricorso per cassazione contro le
sentenze di condanna del giudice di pace che applicano la sola pena
pecuniaria e contro le sentenze di proscioglimento.
Art. 38. Impugnazione del ricorrente che ha chiesto la
citazione a giudizio dell'imputato
1. Il ricorrente che ha chiesto la citazione a giudizio dell'imputato a
norma dell'articolo 21 può proporre impugnazione, anche agli
effetti penali, contro la sentenza di proscioglimento del giudice di
pace negli stessi casi in cui è ammessa l'impugnazione da parte
del pubblico ministero.
2. Con il provvedimento che rigetta o dichiara inammissibile
l'impugnazione, il ricorrente è condannato alla rifusione delle
spese processuali sostenute dall'imputato e dal responsabile civile. Se
vi è colpa grave, il ricorrente può essere condannato al
risarcimento dei danni causati all'imputato e al responsabile civile.
Art. 39. Giudizio di appello
1. Competente per il giudizio di appello è il tribunale del
circondario in cui ha sede il giudice di pace che ha pronunciato la
sentenza impugnata. Il tribunale giudica in composizione monocratica.
2. Oltre che nei casi previsti dall'articolo 604 del codice di
procedura penale, il giudice d'appello dispone l'annullamento della
sentenza impugnata, disponendo la trasmissione degli atti al giudice di
pace, anche quando l'imputato, contumace in primo grado, prova di non
essere potuto comparire per caso fortuito o per forza maggiore o per
non avere avuto conoscenza del provvedimento di citazione a giudizio,
sempre che in tal caso il fatto non sia dovuto a sua colpa, ovvero,
quando l'atto di citazione per il giudizio di primo grado è
stato notificato mediante consegna al difensore nei casi previsti dagli
articoli 159, 161, comma 4, e 169 del codice di procedura penale, non
si sia sottratto volontariamente alla conoscenza degli atti del
procedimento.
Capo VII Disposizioni sull'esecuzione
Art. 40. Giudice dell'esecuzione
1. Salvo diversa disposizione di legge, competente a conoscere
dell'esecuzione di un provvedimento è il giudice di pace che
l'ha emesso.
2. Se l'esecuzione concerne più provvedimenti emessi da diversi
giudici di pace, è competente il giudice che ha emesso il
provvedimento divenuto irrevocabile per ultimo.
3. Se i provvedimenti sono stati emessi dal giudice di pace e da altro
giudice ordinario, è competente in ogni caso quest'ultimo.
4. Se i provvedimenti sono stati emessi dal giudice di pace e da un
giudice speciale, è competente per l'esecuzione il tribunale in
composizione collegiale nel cui circondario ha sede il giudice di pace.
5. Il giudice indicato nei commi da 1 a 4 è competente anche se
il provvedimento da eseguire è stato comunque riformato.
Art. 41. Procedimento di esecuzione
1. Salvo quanto previsto nel comma 2, nel procedimento di esecuzione
davanti al giudice di pace si osservano le disposizioni di cui
all'articolo 666 del codice di procedura penale.
2. Contro il decreto del giudice di pace che dichiara inammissibile la
richiesta formulata nel procedimento di esecuzione e contro l'ordinanza
che decide sulla richiesta, l'interessato può proporre, entro
quindici giorni dalla notifica del provvedimento, ricorso per motivi di
legittimità al tribunale in composizione monocratica nel cui
circondario ha sede il giudice di pace.
3. Il tribunale decide con ordinanza non impugnabile. Si osservanole
disposizioni di cui all'articolo 127 del codice di procedura penale.
Art. 42. Esecuzione delle pene pecuniarie
1. Le condanne a pena pecuniaria si eseguono a norma dell'articolo 660
del codice di procedura penale, ma l'accertamento della effettiva
insolvibilità del condannato è svolto dal giudice di pace
competente per l'esecuzione che adotta altresì i provvedimenti
in ordine alla rateizzazione, ovvero alla conversione della pena
pecuniaria.
Art. 43. Esecuzione della pena della permanenza
domiciliare e del lavoro di pubblica utilità
1. La sentenza penale irrevocabile è trasmessa per estratto a
cura della cancelleria al pubblico ministero del circondario ove ha
sede l'ufficio del giudice individuato in base all'articolo 40.
2. Il pubblico ministero, emesso l'ordine di esecuzione, lo trasmette
immediatamente, unitamente all'estratto della sentenza di condanna
contenente le modalità di esecuzione della pena, all'ufficio di
pubblica sicurezza del comune in cui il condannato risiede o, in
mancanza di questo, al comando dell'Arma dei carabinieri
territorialmente competente.
3. Appena ricevuto il provvedimento di cui al comma che precede,
l'organo di polizia ne consegna copia al condannato ingiungendogli di
attenersi alle prescrizioni in esso contenute. Qualora il condannato
sia detenuto o internato, copia dell'ordine di esecuzione è
notificato altresì al direttore dell'istituto o della sezione il
quale informa anticipatamente l'organo di polizia della dimissione del
condannato. In tal caso, la pena comincia a decorrere dal primo giorno
di permanenza domiciliare o di lavoro sostitutivo successivo a quello
della dimissione.
Art. 44. Modifica delle modalità di esecuzione
della permanenza domiciliare e del lavoro di pubblica utilità
1. Le modalità di esecuzione della permanenza domiciliare e del
divieto di cui all'articolo 53, comma 3, eventualmente imposto,
nonchè del lavoro di pubblica utilità, stabilite nella
sentenza emessa dal giudice possono essere modificate per motivi di
assoluta necessità dal giudice osservando le disposizioni
dell'articolo 666 del codice di procedura penale.
2. La richiesta di modifica non sospende l'esecuzione delle pene; in
caso di assoluta urgenza, le modifiche possono essere adottate con
provvedimento provvisorio revocabile nelle fasi successive del
procedimento.
Art. 45. Certificati del casellario giudiziale richiesti
dal privato
1. Nei certificati del casellario giudiziale rilasciati a norma
dell'articolo 689 del codice di procedura penale non sono riportate le
iscrizioni relative alle sentenze emesse dal giudice di pace.
Art. 46. Eliminazione dal casellario giudiziale delle
iscrizioni relative a sentenze del giudice di pace in materia penale
1. Fermo quanto previsto dall'articolo 687 del codice di procedura
penale, sono altresì eliminate le iscrizioni relative: a) alle
sentenze del giudice di pace di proscioglimento per difetto di
imputabilità, trascorsi tre anni dal giorno in cui la sentenza
è divenuta irrevocabile; b) alle sentenze del giudice di pace di
condanna, trascorsi cinque anni dal giorno in cui la sanzione è
stata eseguita se è stata inflitta la pena pecuniaria, o dieci
anni se è stata inflitta una pena diversa sempre che nei periodi
indicati non sia stato commesso un ulteriore reato.
Capo VIII Norme di coordinamento e di
attuazione
Art. 47. Modifica all'articolo 6 del codice di procedura
penale
1. Nell'articolo 6 del codice di procedura penale, dopo le parole:
"alla competenza della corte di assise" sono aggiunte le seguenti: "o
del giudice di pace.".
Art. 48. Competenza del giudice di pace dichiarata da
altro giudice
1. In ogni stato e grado del processo, se il giudice ritiene che il
reato appartiene alla competenza del giudice di pace, lo dichiara con
sentenza e ordina la trasmissione degli atti al pubblico ministero. Le
prove acquisite dal giudice incompetente sono utilizzabili nel processo
davanti al giudice di pace.
Art. 49. Citazione a giudizio disposta dalla polizia
giudiziaria
1. Ai fini dell'emissione della citazione a giudizio di cui
all'articolo 20, il pubblico ministero richiede al giudice di pace di
indicare il giorno e l'ora della comparizione.
2. La richiesta del pubblico ministero e l'indicazione del giudice di
pace sono comunicate anche con mezzi telematici.
Art. 50. Delegati del procuratore della Repubblica nel
procedimento penale davanti al giudice di pace
1. Nei procedimenti penali davanti al giudice di pace, le funzioni del
pubblico ministero possono essere svolte, per delega del procuratore
della Repubblica presso il tribunale ordinario: a) nell'udienza
dibattimentale, da uditori giudiziari, da vice procuratori onorari
addetti all'ufficio, da ufficiali di polizia giudiziaria diversi da
coloro che hanno preso parte alle indagini preliminari, o da laureati
in giurisprudenza che frequentano il secondo anno della scuola biennale
di specializzazione per le professioni legali di cui all'articolo 16
del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398; b) per gli atti del
pubblico ministero previsti dagli articoli 15 e 25, da vice procuratori
onorari addetti all'ufficio; c) nei procedimenti in camera di consiglio
di cui all'articolo 127 del codice di procedura penale, nei
procedimenti di esecuzione ai fini dell'intervento di cui all'articolo
655, comma 2, del medesimo codice, e nei procedimenti di opposizione al
decreto del pubblico ministero di liquidazione del compenso ai periti,
consulenti tecnici e traduttori ai sensi dell'articolo 11 della legge 8
luglio 1980, n. 319, da vice procuratori onorari addetti all'ufficio.
2. Nei casi indicati nel comma 1, la delega è conferita in
relazione ad una determinata udienza o a un singolo procedimento.
3. La delega è revocabile nei soli casi in cui il codice di
procedura penale prevede la sostituzione del pubblico ministero.
4. Si osservano le disposizioni di cui all'articolo 162, commi 1, 3 e
4, del decreto legislativo 25 luglio 1989, n. 271.
Art. 51. Disposizioni regolamentari e sulla tenuta dei
registri
1. Con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della
legge 23 agosto 1988, n. 400, entro centocinquanta giorni dalla
pubblicazione del presente decreto legislativo, il Ministro della
giustizia adotta le disposizioni regolamentari relative ai procedimenti
penali davanti al giudice di pace, che concernono: a) le
modalità di formazione e tenuta dei fascicoli degli uffici
giudiziari; b)il rilascio da parte degli uffici dei giudici di pace dei
certificati del casellario giudiziale di cui all'articolo 689 del
codice di procedura penale; c) le altre attività necessarie per
l'attuazione del presente decreto legislativo.
2. Il parere del Consiglio di Stato sul regolamento previsto nel comma
1 è reso entro trenta giorni dalla richiesta.
3. La disciplina sulla tenuta in forma automatizzata dei registri e
delle altre forme di registrazione in materia penale è adottata
con decreto del Ministro della giustizia.
Titolo II SANZIONI APPLICABILI DAL GIUDICE
DI PACE
Art. 52. Sanzioni
1. Ai reati attribuiti alla competenza del giudice di pace per i quali
è prevista la sola pena della multa o dell'ammenda continuano ad
applicarsi le pene pecuniarie vigenti.
2. Per gli altri reati di competenza del giudice di pace le pene sono
così modificate: a) quando il reato è punito con la pena
della reclusione o dell'arresto alternativa a quella della multa o
dell'ammenda, si applica la pena pecuniaria della specie corrispondente
da lire cinquecentomila a cinque milioni; se la pena detentiva è
superiore nel massimo a sei mesi, si applica la predetta pena
pecuniaria o la pena della permanenza domiciliare da sei giorni a
trenta giorni ovvero la pena del lavoro di pubblica utilità per
un periodo da dieci giorni a tre mesi; b) quando il reato è
punito con la sola pena della reclusione o dell'arresto, si applica la
pena pecuniaria della specie corrispondente da lire un milione a cinque
milioni o la pena della permanenza domiciliare da quindici giorni a
quarantacinque giorni ovvero la pena del lavoro di pubblica
utilità da venti giorni a sei mesi; c) quando il reato è
punito con la pena della reclusione o dell'arresto congiunta con quella
della multa o dell'ammenda, si applica la pena pecuniaria della specie
corrispondente da lire un milione e cinquecentomila a cinque milioni o
la pena della permanenza domiciliare da venti giorni a quarantacinque
giorni ovvero la pena del lavoro di pubblica utilità da un mese
a sei mesi.
3. Nei casi di recidiva reiterata infraquinquennale, il giudice applica
la pena della permanenza domiciliare o quella del lavoro di pubblica
utilità, salvo che sussistano circostanze attenuanti ritenute
prevalenti o equivalenti.
4. La disposizione del comma 3 non si applica quando il reato è
punito con la sola pena pecuniaria nonchè nell'ipotesi indicata
nel primo periodo della lettera a) del comma 2.
Art. 53. Obbligo di permanenza domiciliare
1. La pena della permanenza domiciliare comporta l'obbligo di rimanere
presso la propria abitazione o in altro luogo di privata dimora ovvero
in un luogo di cura, assistenza o accoglienza nei giorni di sabato e
domenica; il giudice, avuto riguardo alle esigenze familiari, di
lavoro, di studio o di salute del condannato, può disporre che
la pena venga eseguita in giorni diversi della settimana ovvero, a
richiesta del condannato, continuativamente.
2. La durata della permanenza domiciliare non può essere
inferiore a sei giorni nè superiore a quarantacinque; il
condannato non è considerato in stato di detenzione.
3. Il giudice può altresì imporre al condannato, valutati
i criteri di cui all'articolo 133, comma secondo, del codice penale, il
divieto di accedere a specifici luoghi nei giorni in cui non è
obbligato alla permanenza domiciliare, tenuto conto delle esigenze
familiari, di lavoro, di studio o di salute del condannato.
4. Il divieto non può avere durata superiore al doppio della
durata massima della pena della permanenza domiciliare e cessa in ogni
caso quando è stata interamente scontata la pena della
permanenza domiciliare.
Art. 54. Lavoro di pubblica utilità
1. Il giudice di pace può applicare la pena del lavoro di
pubblica utilità solo su richiesta dell'imputato.
2. Il lavoro di pubblica utilità non può essere inferiore
a dieci giorni nè superiore a sei mesi e consiste nella
prestazione di attività non retribuita in favore della
collettività da svolgere presso lo Stato, le regioni, le
province, i comuni o presso enti o organizzazioni di assistenza sociale
e di volontariato.
3. L'attività viene svolta nell'ambito della provincia in cui
risiede il condannato e comporta la prestazione di non più di
sei ore di lavoro settimanale da svolgere con modalità e tempi
che non pregiudichino le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e
di salute del condannato. Tuttavia, se il condannato lo richiede, il
giudice può ammetterlo a svolgere il lavoro di pubblica
utilità per un tempo superiore alle sei ore settimanali.
4. La durata giornaliera della prestazione non può comunque
oltrepassare le otto ore.
5. Ai fini del computo della pena, un giorno di lavoro di pubblica
utilità consiste nella prestazione, anche non continuativa, di
due ore di lavoro.
6. Fermo quanto previsto dal presente articolo, le modalità di
svolgimento del lavoro di pubblica utilità sono determinate dal
Ministro della giustizia con decreto d'intesa con la Conferenza
unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997,
n. 281.
Art. 55. Conversione delle pene pecuniarie
1. Per i reati di competenza del giudice di pace, la pena pecuniaria
non eseguita per insolvibilità del condannato si converte, a
richiesta del condannato, in lavoro sostitutivo da svolgere per un
periodo non inferiore ad un mese e non superiore a sei mesi con le
modalità indicate nell'articolo 54.
2. Ai fini della conversione un giorno di lavoro sostitutivo equivale a
lire venticinquemila di pena pecuniaria.
3. Il condannato può sempre far cessare la pena del lavoro
sostitutivo pagando la pena pecuniaria, dedotta la somma corrispondente
alla durata del lavoro prestato.
4. Quando è violato l'obbligo del lavoro sostitutivo conseguente
alla conversione della pena pecuniaria, la parte di lavoro non ancora
eseguito si converte nell'obbligo di permanenza domiciliare secondo i
criteri di ragguaglio indicati nel comma 6.
5. Se il condannato non richiede di svolgere il lavoro sostitutivo, le
pene pecuniarie non eseguite per insolvibilità si convertono
nell'obbligo di permanenza domiciliare con le forme e nei modi previsti
dall'articolo 53, comma 1, in questo caso non è applicabile al
condannato il divieto di cui all'articolo 53, comma 3.
6. Ai fini della conversione un giorno di permanenza domiciliare
equivale a lire cinquantamila di pena pecuniaria e la durata della
permanenza non può essere superiore a quarantacinque giorni.
Art. 56. Violazione degli obblighi
1. Il condannato che senza giusto motivo si allontana dai luoghi in cui
è obbligato a permanere o che non si reca nel luogo in cui deve
svolgere il lavoro di pubblica utilità o che lo abbandona
è punito con la reclusione fino ad un anno.
2. Alla stessa pena soggiace il condannato che viola reiteratamente
senza giusto motivo gli obblighi o i divieti inerenti alle pene della
permanenza domiciliare o del lavoro di pubblica utilità.
3. In caso di condanna non sono applicabili le sanzioni sostitutive
previste dagli articoli 53 e seguenti della legge 24 novembre 1981, n.
689.
Art. 57. Competenza
1. La competenza per il delitto di cui all'articolo 56 è
attribuita al tribunale in composizione monocratica.
Art. 58. Effetti delle sanzioni e criteri
di ragguaglio
1. Per ogni effetto giuridico la pena
dell'obbligo di permanenza domiciliare e il lavoro di pubblica
utilità si considerano come pena detentiva della specie
corrispondente a quella della pena originaria.
2. Quando per qualsiasi effetto giuridico si deve eseguire un
ragguaglio tra la pena detentiva e le pene di cui agli articoli 53 e
54, un giorno di pena detentiva equivale a due giorni di permanenza
domiciliare o tre giorni di lavoro di pubblica utilità.
3. Un giorno di pena detentiva equivale a lire settantacinquemila di
pena pecuniaria irrogata in luogo della pena detentiva a norma
dell'articolo 52.
4. In deroga a quanto stabilito nell'articolo 78, primo comma, numero
3), del codice penale, la pena della multa o dell'ammenda non
può comunque eccedere la somma di lire quindici milioni, ovvero
la somma di lire sessanta milioni se il giudice si vale della
facoltà di aumento indicata nel secondo comma dell'articolo
133-bis dello stesso codice.
Art. 59. Controllo sull'osservanza delle sanzioni
dell'obbligo di permanenza domiciliare e del lavoro di pubblica
utilità
1. L'ufficio di pubblica sicurezza del luogo di esecuzione della pena
o, in mancanza dell'ufficio di pubblica sicurezza, il comando dell'Arma
dei carabinieri territorialmente competente effettua il controllo
sull'osservanza degli obblighi connessi alla pena dell'obbligo di
permanenza domiciliare o del lavoro di pubblica utilità con le
modalità stabilite dall'articolo 65, commi primo e secondo,
della legge 24 novembre 1981, n. 689, in quanto applicabile.
Art. 60. Esclusione della sospensione condizionale della
pena
1. Le disposizioni di cui agli articoli 163 e seguenti del codice
penale, relative alla sospensione condizionale della pena, non si
applicano alle pene irrogate dal giudice di pace.
Art. 61. Interruzione della prescrizione
1. Il corso della prescrizione per i reati attribuiti alla cognizione
del giudice di pace è interrotto, oltre che dagli atti indicati
nell'articolo 160 del codice penale, dalla citazione a giudizio
disposta dalla polizia giudiziaria, dal decreto di convocazione delle
parti emesso dal giudice di pace.
Art. 62. Inapplicabilità delle altre misure
sostitutive della detenzione
1. Le sanzioni sostitutive previste dagli articoli 53 e seguenti della
legge 24 novembre 1981, n. 689, non si applicano ai reati di competenza
del giudice di pace.
Titolo III DISPOSIZIONI FINALI E TRANSITORIE
Art. 63. Norme applicabili da parte di giudici diversi
1. Nei casi in cui i reati indicati nell'articolo 4, commi 1 e 2, sono
giudicati da un giudice diverso dal giudice di pace, si osservano le
disposizioni del titolo II del presente decreto legislativo,
nonchè, in quanto applicabili, le disposizioni di cui agli
articoli 33, 34, 35, 43 e 44.
2. Nei certificati del casellario giudiziale rilasciati a norma
dell'articolo 689 del codice di procedura penale non sono riportate le
iscrizioni relative ai reati di cui al comma 1; si osservano,
altresì, le disposizioni dell'articolo 46.
Art. 64. Norma transitoria
1. Le norme del presente decreto legislativo si applicano ai
procedimenti relativi ai reati indicati nell'articolo 4, commi 1 e 2,
commessi dopo la sua entrata in vigore.
2. Ferma l'applicabilità dell'articolo 2, comma terzo, del
codice penale, nei procedimenti relativi a reati commessi prima della
data di entrata in vigore del presente decreto legislativo si osservano
le disposizioni dell'articolo 63, commi 1 e 2; quando si tratta di
reati commessi dopo la pubblicazione del presente decreto si osservano
anche le disposizioni del titolo I se alla data di entrata in vigore
non è ancora avvenuta l'iscrizione della notizia di reato.
Art. 65. Entrata in vigore
1.Il presente decreto legislativo entra in vigore il centottantesimo
giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta
Ufficiale.
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